Ritornare sulla Luna ma perché? Sono passati 53 anni dal grande balzo a fronte di un piccolo passo e l’esplorazione spaziale con sonde e telescopi che ci sta restituendo la complessità dell’Universo. Ma il ritorno sul nostro satellite, la cui superfice con ogni probabilità sarà questa volta calcata da una astronauta donna, è il primo stadio di una missione anche più ambiziosa: raggiungere Marte che grazie ai rover abbiamo già cominciato a studiare. Ed è lo stesso numero uno della Nasa, Bill Nelson, a spiegare che la Luna è il “trampolino” per le missioni che in futuro porteranno astronauti – e non manichini – sulla Luna e per la futura esplorazione di Marte. “Vedere il razzo Sls e la capsula Orion volare insieme per la prima volta è stato uno spettacolo incredibile. Questo test di volo senza equipaggio spingerà Orion ai limiti dello spazio profondo, aiutandoci a prepararci per l’esplorazione umana sulla Luna e poi su Marte”. La capsula Orion rimarrà nello spazio per circa 26 giorni, prima di tornare sulla Terra tuffandosi nell’Oceano Pacifico. L’obiettivo della missione senza equipaggio è inviare la navetta su una traiettoria ad anello oltre la Luna per effettuare un test dei sistemi di propulsione, di navigazione e di quelli che sfruttano l’energia solare. Se l’esito sarà quello sperato, Artemis 2 partirà nel 2024 con quattro astronauti a bordo, seguita nel 2025-26 dalla missione che riporterà astronauti e astronaute sul suolo lunare.

Era il 2019 quando l’allora amministratore della Nasa, Jim Bridenstine, spiegò: “la Luna è il terreno di prova. Marte è l’obiettivo dell’orizzonte. Lander e robot faranno da apripista e insieme permetteranno di fare scienza su tutta la superficie lunare”. Cuore della missione è il Lunar Gateway “fungerà da avamposto multiuso in orbita attorno alla Luna” e come spiega ancora l’Agenzia spaziale Usa “fornirà un supporto essenziale per il ritorno umano a lungo termine sulla superficie lunare e funge da punto di sosta per l’esplorazione dello spazio profondo”. Partire dall’orbita lunare anziché da quella terrestre consente di trasportare a bordo di un singolo velivolo diverse tonnellate aggiuntive di carico utile. Questo perché il velivolo deve sfuggire all’attrazione lunare che è molto più bassa di quella terrestre. Di per sé non rappresenta un risparmio complessivo, dal momento che tutto il materiale deve essere ancora trasportato dalla terra all’orbita lunare. Il risparmio consistente si avrà quando in futuro riusciremo ad estrarre materiale direttamente dalla luna

Che il Pianeta Rosso sia la meta sono i test che proseguono. Due giorni fa è rientrato sulla Terra come da programma, finendo la sua corsa con un tuffo nel Pacifico al largo delle Hawaii, lo scudo termico gonfiabile Loftid progettato dalla Nasa per permettere l’atterraggio di carichi pesanti su Marte e per rientri più soft sulla Terra. Intanto su Marte Perseverance ha trovato “trova rocce con molecole organiche” e che, secondo gli esperti dell’agenzia spaziale americana, potrebbero essere “una possibile firma della vita”. Riconducibili cioè “a una sostanza o a una struttura che potrebbe testimoniare l’esistenza di una vita passata sul pianeta rosso, ma che potrebbero anche essere state prodotte senza che ci fosse vita”.

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