Era già detenuto nel carcere di Sassari per scontare una condanna a quattro anni per terrorismo quando è stato raggiunto da un altro ordine di custodia cautelare: Samir Bougana, foreign fighter 28enne nato a Gavardo, nel Bresciano, è accusato di sequestro di persona, torture e sevizie nei confronti di almeno due persone, tra cui un adolescente. La colpa delle sue vittime, secondo gli inquirenti, era quella di essersi rifiutate di combattere per l’Isis e per questo venivano puniti con delle scariche elettriche. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Brescia su richiesta della Procura, è stata eseguita dalla polizia di Brescia: “Sequestro di persona e lesioni personali, aggravati dall’avere adoperato sevizie e agito con crudeltà nonché dalla finalità di terrorismo e dell’odio razziale”.

Il 28enne nel 2010 si era trasferito in Germania e nel 2015 si era poi spostato in Siria, con la donna che poi è diventata sua moglie. Nel giugno del 2019 Bougana era stato prelevato da funzionari della Digos di Brescia e della Direzione centrale della polizia di prevenzione a Kobane, in Siria, dove si trovava in stato di cattura da parte delle Unità di protezione popolare curda. Lì è stato arrestato per partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo: dopo una radicale adesione ideologica alla Jihad islamica, iniziata in Italia e completata in Germania, in Siria era divenuto un operativo del sedicente Stato Islamico. Nel luglio del 2020, il Tribunale di Brescia lo ha condannato a quattro anni di reclusione, sentenza poi confermata in Appello. I successivi approfondimenti investigativi, condotti anche in ambito internazionale, hanno trovato un punto di svolta nello scambio informativo tra le autorità italiane e tedesche.

È stata decisiva per le indagini la testimonianza, raccolta a Dusseldorf dal pm titolare delle indagini, di una delle presunte vittime del foreign fighter: nel mostrare le cicatrici delle sevizie subite, il testimone ha infatti raccontato anche di torture perpetrate con scariche elettriche nei confronti di detenuti appartenenti alla minoranza Yazida, al fine di costringerli alla conversione all’Islam.