“L’amministrazione Biden porterà avanti l’azione per il clima indipendentemente dall’esito delle elezioni di midterm di oggi”. A margine della Cop 27 di Sharm el-Sheikh e nella giornata incentrata soprattutto sui discorsi dei leader degli Stati Insulari e del Sudafrica, l’inviato per il clima della Casa Bianca, John Kerry, ha spiegato che il presidente Usa “è più determinato che mai a continuare” e che “la maggior parte di ciò che stiamo facendo non può essere cambiata da nessun altro che arriva” con il rinnovo dei seggi della Camera e di un terzo di quelli del Senato. Ma è chiaro che il Congresso avrà un peso enorme sull’eventuale scelta di espandere i finanziamenti per i paesi in via di sviluppo, proprio mentre su questo tema gli occhi del mondo sono puntati su Usa e Cina. Nel frattempo, in questi giorni fioccano accordi che vanno incontro a due esigenze: quella del Sud del mondo che ha bisogno di finanziamenti immediati e quella dei Paesi ricchi di smarcarsi dal gas russo, anche con l’aiuto di progetti made in Africa. Tenendo fede al programma, il presidente dell’edizione egiziana della conferenza Onu sul clima, il ministro degli Esteri Sameh Shoukry, ha annunciato l’Agenda di Sharm el-Sheikh per l’adattamento al cambiamento climatico, per migliorare, entro il 2030, la resilienza di quattro miliardi di persone che vivono nelle comunità più vulnerabili alla crisi climatica.

Più azione climatica? Ma arrivano nuove linee guida sul greenwashing – Diffuso anche l’Annuario dell’azione globale sul clima 2022 dal quale emerge che, nonostante gli ostacoli, “l’azione dei soggetti non statali continua ad aumentare”. Alcuni dati: 34 partner da 139 paesi hanno intrapreso azioni per costruire la resilienza di 2,9 miliardi di persone, mentre altri 26 partner hanno mobilitato più di 11mila attori non statali da 116 paesi perché adottassero misure per dimezzare le emissioni globali al 2030 e arrivare a zero emissioni nette a metà secolo. L’azione climatica, inoltre, sta diventando più uniforme fra le aree del globo: l’Annuario registra un aumento del 78% di attori dell’Asia-Pacifico e del 67% dell’Africa. I risultati, però, non sembrano ottimi finora. Nel corso della settimana, dovrebbero essere pubblicati i dati sulle emissioni globali di carbonio nel 2022. E dall’Italia non arrivano buone notizie: dalla Relazione sullo Stato della Green Economy presentata in apertura degli Stati Generali della Green Economy 2022, a Rimini, emerge che nel 2021 le emissioni di gas serra in Italia, con la ripresa economica, sono tornate a crescere del 6,8% annullando gran parte della diminuzione del 2020 dovuta alla pandemia. Il presidente dello Sri Lanka solleva la questione, ricordando che G7 e G20 stanno facendo marcia indietro per utilizzare più combustibili fossili. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, rivendica: “La crisi globale dei combustibili fossili deve essere un punto di svolta. Per l’Europa la risposta è REPowerEU. Non stiamo solo riducendo la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi, ma stiamo accelerando enormemente il lancio delle energie rinnovabili”. Secondo le previsioni “la capacità rinnovabile aggiuntiva dell’Ue è destinata a più che raddoppiare quest’anno, fino a 50 Gigawatt. E possiamo stabilire un nuovo record assoluto il prossimo anno di oltre 100 GW, a condizione di accelerare e aumentare ulteriormente”.

Dal team di Guterres, le 10 regole contro il greenwashing – Ma riguarda proprio gli attori non statali e gli impegni in materia di emissioni il rapporto lanciato dal gruppo di 17 esperti di alto livello istituito a marzo scorso dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres per sviluppare standard più rigorosi e un controllo sugli impegni a zero emissioni nette. Lo studio fornisce una lista di 10 raccomandazioni. “Si tratta di tagliare le emissioni, non prendere scorciatoie” ha commentato Catherine McKenna, capo del team. Queste linee guida suggeriscono, per esempio, che le aziende o gli enti istituzionali dichiarino questo impegno nell’ambito di un piano con degli step da raggiungere ogni cinque anni che sia in linea con le linee guida del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) per non superare la soglia degli 1,5 gradi di riscaldamento globale. I piani climatici e le relazioni annuali dovranno fornire un alto livello di trasparenza, tale da consentire le verifiche del caso. Chi continua a investire nei combustibili fossili o contribuisce alla deforestazione non dovrebbe dichiarare l’obiettivo emissioni zero. A riguardo, un punto importante riguarda i crediti di carbonio che compensano le emissioni: vanno preferiti all’effettiva riduzione ma, se utilizzati, dovranno seguire uno standard chiaro che ne garantisca l’integrità. Uno dei temi più complessi che, ufficialmente e non, si discute alla Cop. D’altronde è la Banca Mondiale a dire che nel 2021 per la prima volta i sistemi di scambio di emissioni hanno reso di più delle tasse sulle emissioni.

Servono 2mila miliardi di dollari all’anno per il Sud del mondo – L’altro tema cruciale è quello dei finanziamenti. Anche sull’obiettivo globale di adattamento la presidente della Commissione Ue rivendica la giusta quota fornita dall’Europa: “Per il secondo anno consecutivo abbiamo superato i 23 miliardi di euro, nonostante la pandemia di Covid e nonostante la guerra in Ucraina e una grossa parte dei nostri finanziamenti per il clima va già all’adattamento”. E invita gli altri Paesi del “Nord del mondo” ad aumentare i loro finanziamenti per il clima ai Paesi più poveri. Va decisamente oltre l’invito Gaston Browne, il primo ministro di Antigua e Barbuda che, parlando a nome dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari, i cui paesi sono destinati a sprofondare sotto l’innalzamento degli oceani, si rivolge a quelli ricchi che fino ad oggi non hanno fornito finanziamenti adeguati per il clima: “Lotteremo incessantemente per la giustizia climatica” anche nei tribunali internazionali. Secondo un rapporto commissionato dalla presidenza della Cop, i Paesi del Sud del mondo avranno bisogno di più di 2mila miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per finanziare la loro azione per il clima, quasi la metà dei quali proverrà da investitori esterni. Questi investimenti nei mercati emergenti e nei paesi in via di sviluppo – esclusa la Cina – dovrebbero essere utilizzati per “ridurre le emissioni, costruire resilienza, affrontare le perdite e i danni causati dai cambiamenti climatici e ripristinare la terra e la natura”. A proposito del fondo (che non c’è e non arriverà certo a breve) sulle perdite e i danni, spicca la proposta dalla premier dell’isla caraibica Barbados, Mia Mottley: “Un coinvolgimento delle compagnie petrolifere nella prossima Cop. Come possono società da 200 miliardi di utili negli ultimi tre mesi non aspettarsi di dover contribuire almeno con dieci centesimi per ogni dollaro di profitto nel Fondo per le perdite e i danni legati al clima?”.

Tra sostegno e saccheggio – Ma il sostegno ai Paesi del Sud del mondo passa anche dai progetti sulle fonti energetiche. Alla Cop27 è stato lanciato il Just Energy Transition Plan: un piano 8,5 miliardi di dollari per passare dal carbone all’energia verde sostenuto dal Sudafrica, insieme a Regno Unito, Usa, Francia, Germania e Unione Europea e considerato un progetto valido anche per ridurre le emissioni di gas serra in altre nazioni in via di sviluppo dipendenti dal carbone. “Ogni kilowattora di elettricità che produciamo da solare, eolico, idrogeno verde o altre energie rinnovabili non fa bene solo al clima, ma ci dà indipendenza e sicurezza dell’approvvigionamento” ha detto von der Leyen, aggiungendo che “il Sud del mondo ha risorse in abbondanza. Ecco perché l’Unione Europea sta firmando nuove partnership per l’idrogeno con Egitto, Namibia e Kazakistan. Ecco perché stanno sostenendo partner come Vietnam e Sud Africa per decarbonizzare le loro economie”. Alla Cop 27, infatti, Ursula von der Leyen ha firmato con Kazakistan e Namibia due memorandum finalizzati a rendere più sicure e sostenibili le filiere di approvvigionamento, verso l’Europa, di materie prime, batterie e idrogeno verde. Insomma, il Sud del mondo ha bisogno di finanziamenti e il Nord ha bisogno di diversificare le fonti per smarcarsi dal gas russo. Difficile dire chi beneficerà in modo maggiore di queste partnership, dato che ad oggi, per esempio, non esiste un’industria dell’idrogeno verde. Molto dipende dalla capacità o meno di evitare diverse insidie, a iniziare dagli impatti sulle comunità locali. A riguardo potrebbero fare da monito le parole del presidente dello Sri Lanka, Ranil Wickremesinghe, che ricorda come la pratica del colonialismo “ha estratto risorse dall’Asia e dall’Africa per alimentare l’industrializzazione nelle nazioni ricche. Siamo diventati poveri a causa di questo saccheggio”.

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