Lo scorso 24 giugno, circa 1.700 persone, per la maggior parte originarie del Sudan, si diressero al Barrio Chino, un valico di frontiera che separa il Marocco dall’exclave spagnola di Melilla. Centinaia di loro provarono a scavalcare la barriera che separa i due paesi. Quel tentativo, però, si trasformò in tragedia. Furono almeno 23 le vittime secondo i dati ufficiali, e centinaia i feriti. Più di 70 persone sono tuttora disperse secondo l’Associazione Marocchina per i Diritti Umani. In un documentario pubblicato questa settimana, la Bbc è tornata sul luogo della tragedia, svelando che la responsabilità non è solo delle autorità marocchine, ma anche di quelle spagnole.

Il documentario racconta cronologicamente i fatti, con dettagli che già si conoscevano e altri del tutto nuovi. In alcuni video, si vede la gendarmeria marocchina che lancia verso i migranti gas lacrimogeni, fumogeni e pietre quando tentano di scavalcare la barriera di confine. Mentre si arrampicano, la recinzione crolla per il peso eccessivo facendo cadere anche alcuni migranti. Chi riesce a passare si è ritrovato intrappolato, insieme a centinaia di persone, in una zona di passaggio che viene chiamata “terra di nessuno”. La gendarmeria marocchina continua ad attaccarli e a picchiarli con i manganelli. “Ci trattavano come animali”, ha dichiarato Mo, uno dei sopravvissuti. “Non gli importava che il sangue stesse uscendo dalla testa, dalla bocca o da tutto il corpo”.

La Bbc inoltre ha affermato che in un video verificato ma non pubblicato per la crudezza delle immagini, ci sono corpi agonizzanti, sanguinanti e altri immobili. Secondo le testimonianze raccolte, i servizi medici di emergenza sono arrivati ore dopo l’accaduto. Più di 400 migranti che erano riusciti a raggiungere il territorio spagnolo sono stati immediatamente rispediti indietro. Le autorità marocchine avrebbero contribuito a respingerli, picchiandoli davanti allo sguardo indifferente degli agenti spagnoli.

Il ministro dell’Interno spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, dopo la tragedia aveva definito “proporzionata” la risposta dello Stato spagnolo a fronte dell’arrivo di 1.700 persone che volevano superare la frontiera. Secondo Marlaska, la zona in cui si trovavano i migranti, e dove la maggior parte delle vittime ha perso la vita presumibilmente per asfissia o per la violenza subita, era una “terra di nessuno”. Tuttavia, il documentario contraddice la sua versione e dimostra che parte dei corpi senza vita si trovavano in una zona controllata dalla Spagna, come hanno confermato gli stessi agenti della Guardia Civil. Secondo l’emittente, in uno dei video si vede la gendarmeria marocchina trascinare alcuni dei cadaveri dal lato spagnolo a quello marocchino. Il ministro dell’Interno ha sempre negato che ci siano stati morti in territorio spagnolo.

Nonostante la violenza della gendarmeria marocchina, l’assembramento che si stava verificando al valico di frontiera e le condizioni in cui si trovavano i migranti, la Guardia Civil spagnola non è intervenuta. Al contrario, gli agenti spagnoli avrebbero sparato pallottole di gomma contro i migranti che stavano scendendo la barriera di Melilla. Inoltre, spiega Bbc, il giorno della tragedia gli agenti disponevano delle immagini filmate da un drone, da un elicottero e delle telecamere puntate costantemente sulla recinzione di confine, che trasmettono le immagini su degli schermi giganti nel centro di controllo di Melilla. Le stesse immagini si possono vedere anche nella sede della Guardia Civil di Madrid. Allo stesso modo, gli agenti hanno confermato ai giornalisti della Bbc di venire allertati tramite sensori in caso qualcuno tocchi la barriera. Questo dimostrerebbe che le autorità spagnole erano a conoscenza di ciò che stava accadendo quel 24 giugno.

A seguito della pubblicazione del documentario, il ministro dell’Interno ha dichiarato di essere deluso dalla Bbc, che avanza “accuse così gravi senza apportare nessuna prova”. I principali gruppi parlamentari, tra cui PP, Ciudadanos, Más País e Bildu hanno chiesto al governo e a Marlaska delle spiegazioni su quanto trapelato nel documentario. In particolare, Jaume Asens, portavoce del gruppo parlamentare di Unidas Podemos, ha affermato in un’intervista che il ministro dell’Interno “non si sta comportando come un ministro progressista”. “Il massacro di Melilla è una vergogna e il ministero dell’Interno ha violato la legge. Marlaska deve rettificare e il PSOE deve smetterla di bloccare, con Vox e PP, l’inchiesta sulla vicenda nel Congresso. Esigiamo verità e giustizia”, ha scritto sul suo profilo Twitter.

A distanza di quattro mesi della tragedia e dopo le polemiche dell’ultima settimana, il ministro ha annunciato che prossimamente mostrerà a un gruppo di deputati della commissione parlamentare le immagini e le registrazioni della Guardia Civil di quel 24 giugno. Tuttavia, rimangono ancora molti dubbi su quel giorno. L’Associazione Marocchina per i Diritti Umani stima che sono 77 le persone disperse di cui non si sa nulla dal giorno della tragedia e che tuttora non si conosce il numero certo di vittime di una delle peggiori tragedie migratorie.

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