Una giornata fatta di relazioni politiche, trappole diplomatiche e interessi comuni sul fronte energetico che, a certe latitudini, significa combustibili fossili. Non poteva che finire così: Giorgia Meloni, per la prima volta da premier a un vertice internazionale, è salita sul palco della Cop 27 in tarda serata e ha fatto il suo intervento, in continuità con gli impegni di Draghi. “L’Italia farà la sua parte e rimane fortemente convinta dell’impegno sulla decarbonizzazione – ha detto – nel rispetto degli obiettivi Cop Parigi”. Come? “Dobbiamo sviluppare energia diversificandola e in stretta collaborazione con i Paesi africani”. Gli obiettivi in linea con quelli Ue che, però, potrebbero presto diventare più ambiziosi. “In Ue prevediamo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050. In questa prospettiva – ha dichiarato – l’Italia ha recentemente rafforzato la propria capacità installata di energia rinnovabile e accelererà questo trend in linea con gli obiettivi di RepowerEU. Intendiamo perseguire una transizione giusta per sostenere le comunità colpite e non lasciare indietro nessuno”. Il tutto a pochi giorni dalla decisione di concedere nuovi permessi e dire sì a nuove trivelle per aumentare l’estrazione di gas in Adriatico, anche a partire dalle 9 miglia dalla costa. E in fatto di collaborazioni, la premier si è data già da fare a Sharm el-Sheikh. Certa di portare un pezzo di concretezza, ossia quel fondo italiano per il clima già promesso dal Governo Draghi e lanciato proprio in giornata al padiglione italiano della Cop, 4,2 miliardi di euro in cinque tranche annuali di 840 milioni ciascuna destinati a sostenere progetti per l’adattamento e la mitigazione per i Paesi più vulnerabili. Andando così incontro all’ennesimo monito lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: “L’umanità ha una scelta da compiere, o cooperare sul clima o morire, o andare verso una solidarietà sul clima o il mondo rischia un suicidio collettivo”.

Il caso Regeni e gli incontri bilaterali sull’energia – Per tutto il giorno, però, c’è stato soprattutto altro al centro dei colloqui della premier. Dalla mattinata si sono rincorse voci sull’organizzazione di un possibile incontro bilaterale con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Alla fine c’è stato ed è durato un’ora. In mattinata l’ha accolta con una stretta di mano al suo arrivo all’International Convention Center di Sharm el-Sheikh. Un arrivo che ha più di un significato. Dell’omicidio di Giulio Regeni nel 2016, in seguito al quale un anno fa il governo italiano si è costituito parte civile nel processo, a Roma, a carico degli agenti dei servizi egiziani, si è parlato durante l’incontro bilaterale. Atteso, fonte di imbarazzo, criticato ma necessario almeno per quanto riguarda il caso Regeni, che non poteva essere archiviato. Ma durante quell’incontro, come in altri che la premier ha avuto nel corso della giornata, si è parlato soprattutto di quelli che il portavoce della presidenza egiziana, l’ambasciatore Bassam Radi, ha definito “orizzonti costruttivi” per dare “nuovo impulso” alle relazioni. Che significa anche di sicurezza energetica, “considerato uno dei più importanti percorsi di collaborazione tra le due parti negli ultimi anni – ha confermato il portavoce – in particolare grazie ad una partnership con la società Eni nel campo del gas naturale, con la possibilità di prevedere la messa in atto di un collegamento elettrico con l’Italia”. Con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, invece, Giorgia Meloni ha parlato della guerra di aggressione russa all’Ucraina, della crisi energetica e dei flussi migratori. L’opportunità di rafforzare i legami economici soprattutto in campo energetico è stata anche oggetto di discussione con il presidente della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia, Abiy Ahmed, e con quello algerino Abdelmadjid Tebboune.

L’intervento di Meloni in plenaria – D’altro canto, qualche ora più tardi, nel suo discorso Giorgia Meloni ha ribadito: “Vogliamo sviluppare la nostra strategia di diversificazione energetica in stretta collaborazione con alcuni Paesi africani con cui abbiamo rafforzato la nostra cooperazione su sicurezza energetica, su rinnovabili e istruzione. Questo stimolerà la crescita verde, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di una catena di valori sostenibili”. La premier ha anche ricordato che l’Italia ha aumentato il contributo dei propri finanziamenti alla lotta al cambiamento climatico: “Abbiamo triplicato il nostro impegno” su questo fronte con un impegno di “1,4 miliardi di dollari in 5 anni”. E ha commentato: “Sappiamo come sono i disastri climatici, lo abbiamo visto, soprattutto per il dissesto idrogeologico. Negli ultimi mesi – ha ricordato – abbiamo sperimentato i suoi drammatici effetti in tutta Europa, in Pakistan, nel Corno d’Africa e in molte altre regioni del pianeta. Siamo tutti chiamati a compiere sforzi più profondi e rapidi per proteggere il nostro pianeta, la nostra casa comune”.

Le reazioni politiche – Le reazioni non si sono fatte attendere. “Giorgia Meloni si è presentata al summit delle Nazioni Unite sul Clima di a Sharm el-Sheikh con una valigia piena di false promesse” ha commentato Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Mentre il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, chiede di mettere fine alla dipendenza dai combustibili fossili, ricorda Ferrara “il primo provvedimento del governo italiano di estrema destra è quello di sbloccare le trivelle e aumentare le concessioni a estrarre gas nel mare Adriatico. Questo contraddice in pieno gli obiettivi delle Nazioni Unite”. Per il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra “la presidente Meloni è andata alla Cop 27 non per parlare di clima portando i provvedimenti del caso, che come sappiano vanno in direzione opposta, ma per accordarsi col Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi su migranti e i giacimenti di idrocarburi che interessano l’Eni”. Rispetto al suo intervento “misureremo la coerenza tra parole e fatti” ha scritto su Twitter Chiara Braga, deputata e responsabile della Transizione ecologica nella segreteria Pd. “Per ora abbiamo solo visto proposte che vanno in direzione opposta”.

Macron: “Non sacrificheremo i nostri impegni sotto la minaccia russa” – Meloni ha spesso citato l’Unione europea. Prima di lei, dallo stesso palco, il presidente francese Emmanuel Macron ha detto: “Non sacrificheremo i nostri impegni climatici sotto la minaccia energetica della Russia”. E ha sottolineato che la battaglia per la riduzione delle emissioni di CO2 è “indissociabile” da quella per la difesa della biodiversità. “L’insieme degli impegni assunti dai Paesi deve proseguire. In particolare, per i Paesi più ricchi” ha spiegato, sottolineando l’esempio dei Paesi europei, tra cui la Francia, che si sono impegnati per il clima “attraverso la presentazione delle nostre strategie nazionali, in conformità con i nostri impegni”. Parole pronunciate da di chi si è molto speso per far entrare nella Tassonomia verde nucleare e gas, portandosi dietro diversi Paesi. Una posizione che ha confermato in plenaria: “In fondo è una strategia che molto poggerà sulla sobrietà energetica, sullo sviluppo accelerato delle energie rinnovabili e su soluzioni che ci consentano di fare a meno, in modo duraturo, delle energie fossili come l’accelerazione del nucleare”.

La questione dei finanziamenti – Passando all’altra parte del mondo, tutti i leader dei Paesi in via di sviluppo hanno parlato del nodo dei finanziamenti. A riguardo, a margine della Cop, lo stesso Macron ha manifestato l’intenzione di fare pressione su Stati Uniti e Cina (assente al vertice), perché “accelerino” sui tagli alle emissioni e sugli aiuti finanziari. “Gli europei – ha detto – stanno pagando. Siamo gli unici a pagare. Bisogna fare pressione sui paesi ricchi non europei”. A riguardo, il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, ha ricordato che il suo Paese è il tredicesimo produttore di emissioni nel mondo. Il 45% di queste vengono dalla produzione di elettricità. Questa edizione della Cop è di importanza fondamentale per il Sudafrica, che ha bisogno di trovare 8,5 miliardi di dollari di finanziamenti per sostenere la transizione dal carbone a fonti pulite di energia. Il piano c’è: 7,5 miliardi di dollari per lo sviluppo dell’infrastruttura elettrica, il resto andrebbe investito nello sviluppo dell’idrogeno verde e, infine, 200 milioni di dollari in supporto all’industria dei veicoli elettrici durante i prossimi cinque anni. I fondi erano stati promessi da Usa, Regno Unito, Unione Europea, Germania e Francia durante la Cop26 di Glasgow. Questo gruppo denominato Just Energy Transition Partnership vuole creare un sistema per assistere nazioni in via di sviluppo che come il Sudafrica sono fortemente carbon-dipendenti.

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