Il gruppo italiano Grimaldi ha privatizzato il porto greco di Igoumenitsa: per farlo ha pagato un prezzo di 84,17 milioni di euro, che equivale a 150 volte i guadagni operativi del porto. Dopo la privatizzazione delle ferrovie greche da parte di Fs nel 2017, è la seconda operazione italiana legata alle infrastrutture elleniche, a dimostrazione di un rinnovato interesse delle aziende del nostro Paese verso gli asset dei vicini mediterranei, sottoposti a una macro-privatizzazione prevista dal memorandum della troika. Grimaldi in particolare punta al cosiddetto “costone balcanico“, snodo strategico di un flusso di merci in costante crescita che giunge a Igoumenitsa da Bulgaria, Turchia e Romania, per imbarcarsi alla volta dei porti italiani di Bari, Brindisi e Ancona.

Un prezzo, quello sborsato dal gruppo marittimo, che qualcuno potrebbe considerare un po’ alto, ma che tutto sommato risulta potabile per due ragioni di fondo. Da un lato infatti Grimaldi punta a migliorare le infrastrutture presenti nel porto di Igoumenitsa per armonizzarle con progetti di più ampia scala, incoraggiati dai numeri di turisti e tir in aumento: si parla, tra le altre cose, della possibilità di elettrificare le navi che sostano nel porto in modo che non inquinino l’ambiente durante la loro presenza. In seconda battuta, l’armatore vorrebbe realizzare di un moderno hub per le merci che sia in grado – sfruttando il collegamento stradale con la via Egnatia che sale a nord fino a Salonicco – di attirare un numero ancora maggiore di camion diretti in Europa a partire non solo dalla Grecia, ma anche dai Paesi balcanici e dalla Turchia.

Dal momento che i porti greci settentrionali di Alexandroupolis e Salonicco sono interessati da una stagione di progetti legati alla geopolitica (gli americani stanno privatizzando in chiave militare il primo, un consorzio russo-greco-tedesco il secondo), appare probabile che Igoumenitsa assumerà un ruolo più spiccatamente commerciale: da qui l’interesse di Grimaldi, dal momento che il gruppo può contare già su una flotta di 130 navi e sul controllo diretto o parziale già di venti porti a livello internazionale (Nigeria, Spagna, Belgio). L’operazione dell’azienda in Grecia, peraltro, non è un inedito, visto che è già presente nelle linee di traghetti passeggeri, come la Minoan Lines, ed è in corsa per la privatizzazione del porto cretese di Iraklion. Lo scorso anno il gruppo ha fatto segnare un fatturato di 3,46 miliardi di euro, con un utile salito a 947 milioni di euro, rispetto ai 659 milioni di dodici mesi prima.

La precedente operazione italiana in Grecia, si diceva, è quella di Ferrovie dello Stato, che nel 2017 ha acquisito la piena proprietà di Trainose, il principale operatore ferroviario in Grecia, per 45 milioni di euro (al netto dei debiti). Il closing dell’operazione avvenne nell’ambito del vertice bilaterale Italia–Grecia svoltosi a Corfù, con gli allora premier Paolo Gentiloni e Alexis Tsipras, al termine dell’iter procedurale e autorizzativo, nonché dopo il via libera da parte dell’Unione Europea. In sostanza Fs intuì che, oltre alla rete ferroviaria in sé, si apriva proprio in Grecia un interessate filone legato alla logistica intermodale, dopo che Cosco China aveva inglobato il porto del Pireo e dopo la considerazione che la Grecia poteva diventare punto di partenza per una ideale bretella balcanica. Tale circostanza, in parte, si sta verificando in questi mesi sia con le relazioni infrastrutturali legate al gasdotto greco-bulgaro Igb, sia con le nuove rotte commerciali che l’allargaento dell’Ue a est porta in grembo.

@FDepalo

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