Venivano scelte ragazze molto giovani, e comunque al di sotto dei trent’anni, come “spose” per i finti matrimoni con immigrati soprattutto del Nord Africa per cui questa mattina sono state eseguite dai carabinieri di Caserta 18 misure cautelari. È il particolare che emerge da un’intercettazione presente nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari di Napoli, Giovanni De Angelis, sul gruppo che architettava matrimoni di comodo per far avere il permesso di soggiorno a immigrati irregolari. “Zia Maria”, la 61enne Matilde Macciocchi a capo del gruppo e arrestata, parla al telefono con il suo collaboratore oggi arrestato Gennaro Di Dato, che dice alla donna di “avere tutto pronto” per il finto matrimonio, e di attendere solo la “sposa”. “La sto andando a prendere” risponde la Macciocchi, spiegando di essere dovuta andare fino a casa della ragazza, una 22enne (è solo indagata), per convincere la madre. “Devo andare fino a là perché stavo sopra e ho dovuto spiegare alla madre per averla”. In totale dalle indagini è stato accertato che sono 25 le donne italiane, di età compresa tra i 21 e i 49 anni, ad aver contratto matrimoni con stranieri; in alcuni casi è stata fatta solo promessa di matrimonio, che ha validità di sei mesi, ma permette allo straniero di aver permesso. “Mi conoscono tutti, da Milano a Napoli”, assicurava la donna. Parlando con un altro interlocutore, invece, ‘Zia Maria’ gli dava suggerimenti su come gestire le pratiche per la cittadinanza: “Ti devono dare subito il permesso di soggiorno perché tu sei papà di un bambino italiano, nato qua subito in Italia”. Mentre per il cugino, ‘Zia Maria’ propone la soluzione del finto matrimonio: “Se la vuoi pure domani te la mando … pure dopo domani vengo io a Milano … con lui” e “per il prezzo non ti preoccupare, che ci aggiustiamo“.

Ma se non veniva saldato tutto l’indagata non dava seguito all’iter come emerge da una delle telefonate intercettate tra la 61enne e una donna marocchina, Karima El Hariri (finita ai domiciliari), il cui cugino ha sposato un’italiana compiacente, ma che non ha provveduto a saldare quanto pattuito (tra i 5 e i 6mila euro), tanto da non aver ancora avuto un falso certificato di residenza necessario per il permesso. “Tu dovevi mandare ancora soldi e non li hai più mandati, altrimenti io li portavo a lui e gli facevo fare il controllo” dice zia Maria. “Come facciamo adesso?” dice la ragazza. “Prende la residenza lui a Mondragone e facciamo tutto a Mondragone; ma lui non mi ha mandato i soldi” ribadisce la Macciocchi. In un’altra conversazione con un marocchino, emerge il prezzo dell’affare illecito. “Seimila e mezzo, seimila e cinquecento euro” dice il maghrebino. “Si ok” risponde a donna. In una diversa telefonata, è poi la stessa Macciocchi a dire il prezzo all’interlocutore. “Sei e mezzo”; “seimila euro” dice lo straniero fingendo di non aver inteso, e zia Maria lo corregge: “e mezzo”, quindi gli dice come fare. “Acconto non metterlo; manda prima i soldi dei documenti”. Ad un altro straniero la Macciocchi spiega di portare i soldi perché “dobbiamo pagare a Biagio del Comune”; nell’indagine comunque di dipendenti di Comuni indagati non ve ne sono.

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