Si è appena celebrato il ricordo delle vittime del disastro del Vajont, che la sera del 9 ottobre 1963 causò la morte di 2.018 persone tra i paesi sulla riva del bacino artificiale e quelli a fondovalle. A sessant’anni dalla tragedia, la responsabilità è chiara, la verità storica è memoria da coltivare. Per questo lo strafalcione social di Debora Serracchiani, vicepresidente del Partito Democratico ma soprattutto presidente del Friuli Venezia Giulia dal 2013 al 2018, si è trasformato in un caso. “Non dimentichiamo le vittime e la catastrofe di 59 anni fa con il crollo della diga del Vajont, una tragedia in cui persero la vita oltre 2000 persone. Una ferita per il FVG e per l’Italia intera”, ha twittato ieri Serracchiani.

Tutto bene, a parte il fatto che la diga non crollò, anzi: ancora oggi è il monumento inamovibile della tragedia. In quella drammatica notte di 59 anni fa, alle 22:39 un pezzo del Monte Toc si staccò e franò nel bacino idroelettrico realizzato al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove corre il torrente Vajont e l’omonima diga era appena stata realizzata. I progettisti e i dirigenti della Società Adriatica Di Elettricità (SADE), sottostimarono e in seguito occultarono la vulnerabilità idrogeologica delle sponde montane dell’invaso da realizzare. E quando 270 milioni di metri cubi di roccia franarono alla velocità di 110 chilometri orari, l’acqua travolse ogni cosa. Intorno all’invaso furono spazzati i paesi di Erto e Casso, mentre a valle della diga l’acqua cancellò Longarone e altri abitati lungo la valle del Piave. Ma la diga resse. Anzi, si lasciò scavalcare da un’onda che la superò in altezza di oltre 250 metri, causando un’onda d’urto più potente di quella generata dalla bomba di Hiroshima. Chi si trovava all’aperto fu polverizzato, come ben raccontò Marco Paolini nella sua “orazione civile” andata in onda su Rai2 giusto 25 anni fa.

E’ storia del Paese, patrimonio di tutti. O quasi. “Povera Italia, che classe politica che ci ritroviamo. Ed era pure governatrice…”, “Purtroppo, lo studio della storia non li ha mai intaccati”, “Un’ondata di ignoranza“, sono solo alcuni dei tweet che direttamente e non hanno risposto alla gaffe della Serracchiani. Sui social l’indignazione è stata tale da spingere la politica a riparare, per quanto possibile. “Chiedo scusa – ha scritto senza mezzi termini – Molti di voi hanno segnalato errori nel mio tweet sulla catastrofe del #Vajont. Sono stata su quei luoghi, e la verità verso i fatti avvenuti impone di ricordare che la diga non crollò. Gravi furono le responsabilità umane. Giusto ricordare le tante vittime venete”, ha twittato oggi. E se non altro le risposte a questo secondo messaggio sono state più clementi: “Forza Debora, studia di più e vedrai che andrà meglio”, twitta qualcuno. Altri addirittura chiedono a tutti di abbassare i toni: “Non inferire… sono in piena riflessione mistica filosofica dopovoto… praticamente non ci stanno a capi’ più un…”

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