Un somma pari a circa 344mila euro è stata sequestrata dal nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza di Milano a Paolo Romani, ex senatore di Forza Italia. L’ex ministro dello Sviluppo Economico nell’ultimo governo di Silvio Berlusconi è indagato dalla procura di Monza per peculato. Il provvedimento cautelare, emesso dal gip lo scorso 6 ottobre, è stato eseguito oggi, come si legge in una nota del procuratore di Monza, Claudio Gittardi, che coordina l’indagine insieme al pm Franca Macchia. Il sequestro ha riguardato conti correnti in due istituti di credito e un immobile a Cusano Milanino.

Secondo l’accusa degli inquirenti Romani, quando era a capo del Gruppo Parlamentare di Forza Italia, ha sottratto illecitamente dai conti del partito guidato da Silvio Berlusconi la cifra equivalente a quella sequestrata con la presunta complicità dell’amico imprenditore Domenico Pedico, pure lui indagato. L’indagine, partita da alcune segnalazioni per operazioni sospette sui conti di Forza Italia, ha riscontrato come il senatore, tra il 2013 e il 2018, “avendo la disponibilità di somme di denaro giacenti” sul conto del partito presso una banca di “Palazzo Madama e intestato al gruppo Forza Italia e con delega a suo favore”, riporta il capo di imputazione, “si appropriava dell’importo complessivo di 83mila euro”, tramite tre assegni emessi a sua firma “e a sé intestati”, per poi depositarli sul proprio conto corrente, in una filiale di Cinisello Balsamo.

I finanzieri del Nucleo Speciali di Polizia Valutaria hanno ricostruito altre due operazioni analoghe. La prima per oltre 180mila euro prima transitati sul conto di Pedico, e su quello della ‘CarontGraft D&K srl‘, società in liquidazione, sempre riferibile all’imprenditore. La somma, è l’ipotesi, sarebbe poi stata dirottata dallo stesso Pedico sui suoi conti personali e, infine, restituita a Romani, tramite altri assegni bancari. Il senatore avrebbe inoltre utilizzato 95mila euro circa per spese personali e per il pagamento di prestazioni o professionisti non conformi al regolamento del Senato della Repubblica. In una memoria depositata in procura in occasione del suo interrogatorio Romani aveva spiegato i movimenti con la sua “assoluta buonafede“, per aver dovuto anticipare spese a seguito del Patto del Nazareno, del 2013.

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