C’è una “significativa presenza di sofferenza psichica”: l’80% della popolazione dice di essersi relazionata a persone con disturbi mentali. Ansia e depressione, ma anche schizofrenia o disturbi bipolari. Lo dice un’indagine realizzata dalla Doxa per il Festival della Salute Mentale Ro.Mens, che si è concluso a Roma il 2 ottobre. Nel mondo, i disturbi mentali hanno colpito 970 milioni di persone nel 2019 e sono aumentati per gli effetti della pandemia Covid-19. Nel nostro Paese, il Telefono Amico Italia ha contato quasi 6mila richieste d’aiuto nel 2021. Arrivavano da persone con idee di suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un caro: il 55% in più rispetto al 2020. Rispetto al 2019 il dato è quadruplicato. E poi il consumo di psicofarmaci senza ricetta: in aumento fra gli adolescenti. È anche di questi dati che si occuperà la Giornata mondiale della salute mentale, che dal 1992 si tiene il 10 ottobre. Promuove – tramite campagne e attività – la consapevolezza e la difesa della salute mentale contro lo stigma sociale.

Salute mentale e benessere psicologico – “I termini hanno varie definizioni, ma in generale possiamo dire il concetto di salute mentale è più circoscritto al campo specifico della salute e indica l’assenza di patologie, mentre il concetto di benessere psicologico è più ampio e si riferisce al rapporto tra la persona e la vita nel suo complesso, alla capacità di costruire un buon equilibrio con se stessi e il contesto”, spiega David Lazzari, presidente dell’Ordine Nazionale degli Psicologi. “Il benessere psicologico è fondamentale per avere una buona salute mentale e fisica”.

Adulti – La combinazione di post Covid, guerra in Ucraina e crisi economica e climatica sta affossando la capacità di resistenza delle persone, prese fra più fuochi. Non è un caso, forse, che negli Stati Uniti un comitato di esperti del ministero della Salute – la Us Preventive Services Task Force – abbia raccomandato screening per depressione, ansia e panico a tutti gli adulti americani under 65. È la prima volta che succede, dato che in precedenza lo stesso screening era stato suggerito solo agli adolescenti. “Quando vengono in terapia gli adulti quasi sempre si trovano in situazioni trascurate nel passato, che hanno alimentato anche sottotraccia quello che alla fine si è manifestato. Oppure, hanno compromesso la qualità della vita per anni”, prosegue Lazzari. “La salute mentale può essere influenzata da tanti fattori, sia di tipo biologico che psicologico che ambientale. L’inquinamento o una infiammazione, oppure una situazione di stress o di trauma. Ma anche un vissuto psicologico negativo come una perdita, una sensazione di fallimento, il non riuscire a realizzarsi, a rielaborare una sconfitta, a superare una crisi. Queste situazioni possono alimentare forme di malessere e disagio che spesso diventano disturbi veri e propri. Oggi con oltre un quarto della popolazione che ha problemi di questo tipo è fondamentale intervenire a monte con strategie di promozione delle risorse psicologiche”

Giovani – Ogni quasi 46mila bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni si tolgono la vita: nel 2021 si è registrata una crescita del 50%, secondo quanto riferito dai dati raccolti in occasione della Giornata internazionale per la prevenzione del suicidio. Sono aumentati i ragazzi fra i 15 e i 19 anni che assumono psicofarmaci senza ricetta: lo dice uno studio Espad condotto dall’Istituto Ifc-Cnr. Se li procurano in casa o tramite prescrizioni false. Secondo l’indagine svolta da Doxa, inoltre, il 38% degli intervistati ritiene che la categoria più incline allo sviluppo di problemi mentali sia proprio quella tra i 14 e i 24 anni. Un problema misto, dovuto anche alla carenza di strutture cui rivolgersi, assenti a livello territoriale: “Gli psicofarmaci hanno effetti collaterali e inoltre spesso rischiano di lasciare tracce nella formazione delle strutture cerebrali, che nei giovani sono ancora in sviluppo. Purtroppo questo fenomeno è legato sia all’abuso di sostanze ma anche alla ricerca di aiuto. Oggi nelle scuole non ci sono psicologi in modo stabile e diffuso e anche nei servizi consultoriali e sanitari in generale sono del tutto insufficienti. Chi non può andare nel privato spesso non riesce ad avere risposte”, sottolinea Lazzari.

Bambini – Le strategie per intervenire a tutela della salute mentale, però, ci sono. Alcune vengono da lontano e sono ormai diventate il cuore dei più recenti approcci terapeutici. È il caso della mindfulness: “Una parola inglese derivante dal termine sanscrito sati, che ha in sé i concetti della consapevolezza, dell’attenzione e del ricordo”. Lo spiega Francesca Pergolizi, psicoterapeuta e psicologa cognitivo comportamentale dell’età evolutiva e autrice, insieme a Paolo Moderato, del libro Mindfulness per bimbi. “La disciplina insegna alcune pratiche volte ad accrescere l’attenzione intenzionalmente focalizzata sul qui e ora”. Sembra un processo semplice, ma non lo è: non in questo momento storico di iper-connessione in cui i più giovani sono sempre portati verso un altrove virtuale o mentale. “Viviamo nei nostri pensieri, che ci procurano interferenze, e perdiamo interazioni”. Oltre al focus sul presente c’è quello sull’accettazione: “Da non confondere con un approccio passivo a quello che ci accade. Anzi, si tratta di fare spazio: a ciò che amiamo e a ciò che non ci piace, o ci fa soffrire. Così lo conosciamo. In generale, è una disciplina che aiuta le persone a stare a contatto con le sensazioni difficili e le aiuta a frenare il giudizio, spesso responsabile di bloccare interazioni e conoscenze”. Pergolizi svolge questa attività nelle scuole, con bambini di 9 e 10 anni. Organizza in genere 8-12 incontri con le classi: cerca, così, di contrastare quella che lei stessa definisce “l’anestesia dell’esplorazione”. “Che porta a restare fermi all’interno di una bolla. Deriva dall’isolamento e nel corso di questi ultimi anni si è accentuata”. Come fare allora a farli uscire dal bozzolo senza stimoli in cui rischiano di trovarsi? “Creando un contesto di racconto, in cui i bambini parlano delle proprie paure. Per esempio, faccio scrivere su un aeroplano di carta il pensiero che li disturba. Ognuno prende un aereo altrui e lo legge come se fosse suo: lo chiamiamo esercizio di de-fusione”. Alla mindfulness sono associati anche molti esercizi di respirazione. Pergolizi ricorda in particolare il silenzio che si crea: spazio, e non tensione. Fra gli esiti, riconosciuti dagli insegnanti stessi, c’è anche l’aumento della capacità di attenzione e della memoria, la riduzione del senso di impossibilità e la capacità di esprimersi: “Un altro esercizio che faccio fare è il disegno del proprio nome. Chiedo di inserire tutto ciò che è importante per loro. Oggetti, persone, esperienze, passioni. Una volta, un bambino mi si avvicinò chiedendomi un aiuto: voleva inserire il nome del nonno. Gli proposi un suggerimento, lui finì il disegno. Poi ricordo che aveva insistito per portarlo a casa: uno strappo alla regola, perché di norma li restituiscono a me. Me lo riportò il giorno dopo. C’era una sagoma a terra e un cuore con scritto ‘ti voglio bene’. Mi disse che il nonno era morto in un incidente. E che aveva portato il disegno alla sua famiglia perché doveva mostrarlo alla mamma. E concluse: ‘Lo ha visto, e finalmente abbiamo pianto insieme’”. Di nuovo Lazzari: “Le persone hanno capito l’importanza dell’equilibrio psicologico non solo per la salute ma per affrontare la vita, per la studio, il lavoro, le relazioni, gli affetti. Purtroppo sono i servizi pubblici ad essere indietro”. Su questo, perciò, bisognerà lavorare.

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