Tra minacce di bombe nucleari da parte russa e un inverno la cui rigidità è già nelle bollette che iniziano ad arrivare, la politica italiana, almeno quella che le elezioni le ha perse, riscopre la parola pace. E il calendario delle prossime settimane potrebbe riempirsi di weekend pacifisti. Stiamo parlando della pace tra Mosca e Kiev, s’intende. Non certo di quella tra i partiti che si apprestano a fare opposizione al prossimo governo di Giorgia Meloni. Forte del risultato elettorale, l’iniziativa di Giuseppe Conte tormenta il Pd, che non passa giorno senza rispondere a quella che considera una provocazione: sostenere l’idea di una manifestazione per la pace aperta a tutti – “compreso chi vota a destra”, ha detto il leader del M5s – e senza bandiere politiche. Quando? Il prossimo 4 novembre. Quel giorno ricorre la Festa delle Forze Armate e da sempre le associazioni pacifiste e antimilitariste scendono in piazza. Ma tanto è bastato a innervosire molti esponenti dem, certi di aver pagato nelle urne il pieno sostegno a Kiev e alla Nato e quindi indisponibili a possibili toni anti-Nato.

L’ultimo col mal di pace è Graziano Delrio. “Vogliono mettere il cappello a un’iniziativa già indetta per il 21 ottobre a cui parteciperemo ma senza strumentalizzare”, ha detto in un’intervista al Quotidiano Nazionale riferendosi alla manifestazione promossa dall’associazionismo pacifista. E se la prende col portavoce di Conte, Rocco Casalino: “E’ abile a far credere che le manifestazioni siano idea loro, ma in realtà sono promosse dalle associazioni per la pace, non da Conte che quando era presidente del Consiglio ha aumentato le spese militari”. Insomma, come ha già detto nei giorni scorsi il vice segretario del Pd Giuseppe Provenzano, “non regaliamo la parola pace a Conte”. Quanto al merito del conflitto ucraino, Delrio parla di scelta sofferta, quella di aver aiutato Kiev con l’invio di armi. “La resistenza ucraina aiutata dalle nostre armi è stata decisiva per impedire il prevalere della violenza e della prepotenza, ma la priorità è arrivare a un cessate il fuoco con l’aiuto dell’Europa”.

Ma se Conte si è limitato a mettere la freccia, chi è già al sorpasso è il dem Vincenzo De Luca, con una manifestazione tutta napoletana già in calendario per il 28 di ottobre: “Più si allarga la manifestazione meglio è, non c’è alcun recinto chiuso”, dice il governatore della Campania, preoccupato da un’escalation che conduca al nucleare. “Se l’obiettivo è la pace allora dobbiamo chiedere in tutte le sedi il cessate il fuoco ma se se qualcuno si immagina che la soluzione sia quella militare vuol dire che sta preparando le condizioni per arrivare alla guerra atomica”, ha aggiunto De Luca commentando con la stampa gli ultimi sviluppi del conflitto. Al quale collega il tema dell’emergenza sociale legata al caro energia: “Bisogna fare in modo che la crisi energetica non determini un dramma sociale e produttivo nel nostro Paese e in Occidente, sono temi intrecciati”.

Ma anche lontano dalle segreterie politiche si fa sentire l’insofferenza per la mancanza di un processo di pace. Senza giri di parole, Milena Gabanelli ha scritto su Twitter una domanda che probabilmente interpreta il sentimento di molti, visto il dibattito che il tweet sta generando. L’interrogativo della giornalista è rivolto a Europa e Stati Uniti: “Ma qualcuno a Washington e Bruxelles dice a Zelensky dove si deve fermare?”, domanda riferendosi evidentemente all’esplosione sul ponte di Crimea. Insomma, fino a che punto può spingersi il contrattacco ucraino per noi occidentali?

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