Tra l’oltranzismo manifestato nelle ultime ore dall’Unione europea, la fermezza ucraina, l’apertura della Russia e la posizione attendista degli Stati Uniti, chi cerca una posizione a metà strada tra le parti è ancora il ‘mediatore’ Recep Tayyip Erdogan. Nel suo perenne tentativo di presentarsi come pacificatore, ottenendo anche dei risultati dall’inizio del conflitto con la firma a Istanbul dell’accordo sullo sblocco del grano, il presidente turco ha sfruttato il recente scatto in avanti dell’Unione europea sul sostegno incondizionato a Volodymyr Zelensky per tornare a chiedere, prima, maggiore apertura verso la via diplomatica e, poi, attaccare proprio Bruxelles accusandola di preferire “la provocazione e l’escalation”. Tutto mentre anche dagli Stati Uniti arrivano segnali non proprio in linea con la fermezza manifestata negli ultimi mesi, con il segretario di Stato, Antony Blinken, che ha parlato dell’apertura di Washington alla “soluzione diplomatica. Anche se, al momento, la Russia sembra andare in tutt’altra direzione”.

Il presidente turco ha ribadito la propria disponibilità a mediare in una telefonata di venerdì mattina con Vladimir Putin, poche ore dopo la risoluzione del Parlamento europeo che ieri ha confermato la necessità di “rafforzare massicciamente l’assistenza militare, in particolare negli ambiti in cui è richiesta dal governo ucraino, al fine di consentire all’Ucraina di riacquisire il pieno controllo su tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale e di difendersi efficacemente da qualsiasi ulteriore aggressione da parte della Russia; chiede che sia presa in considerazione la possibilità di istituire uno strumento di assistenza militare a lungo termine del tipo ‘lend-lease’ (affitto e prestito) per l’Ucraina; invita in particolare gli Stati membri esitanti a fornire la loro giusta parte di assistenza militare necessaria per contribuire a una conclusione più rapida della guerra; ricorda che l’esitazione tra coloro che sostengono l’Ucraina non fa che prolungare la guerra e costa la vita a ucraini innocenti”. Al suo omologo, che dopo l’annessione illegale e unilaterale di quattro territori ucraini si era detto disponibile a nuovi colloqui di pace, Erdogan ha detto che “una pace equa non ha perdenti. Anche la peggior pace è meglio della guerra. La Turchia parla con tutte le parti e ha la loro fiducia, purtroppo alcuni Paesi europei preferiscono la provocazione e l’escalation”. Il presidente “ha ribadito di essere pronto a fare la propria parte per la risoluzione pacifica della questione ucraina, in un modo che possa essere un vantaggio per tutti”.

Una posizione che Erdogan ha tenuto grazie a un attento gioco di equilibri tra il cosiddetto blocco occidentale e la Russia, con le sue accuse più pesanti che hanno colpito soprattutto l’Europa. Da una parte, non ha mai sconfessato la linea della Nato, fornendo a Kiev anche i fondamentali droni Bayraktar che hanno causato numerose vittime tra i soldati russi, dall’altra ha prima deciso di non prendere provvedimenti economici nei confronti della Federazione e poi ha criticato apertamente la decisione di Washington e Bruxelles di imporre sanzioni alla Russia, definendole delle “provocazioni” e continuando a intrattenere rapporti con il Paese. Oggi, dopo il voto della Plenaria di Strasburgo e le dichiarazioni in linea della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, e dell’Alto rappresentante della Politica estera, Josep Borrell, che confermano l’impegno incondizionato alla causa militare ucraina, Erdogan riceve un nuovo assist per attaccare l’Unione e ricoprire il ruolo del pacifista. Favorito, come detto, anche dalle ultime dichiarazioni che arrivano da Washington. Il presidente Biden, dopo aver lanciato l’allarme sul rischio di un “Armageddon nucleare”, si è limitato a chiedersi quale possa essere un’uscita onorevole per Vladimir Putin, ma è il segretario di Stato Blinken a lanciare segnali di apertura: gli Usa sono disposti a cercare una “soluzione diplomatica” per porre fine al conflitto in Ucraina, ma solo a patto che ci sia una “volontà seria” da parte del presidente russo. “Quando la Russia dimostrerà di voler seriamente intraprendere questo percorso, noi ci saremo. Ma, al momento, i segnali vanno in un’altra direzione“.

Twitter: @GianniRosini

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