Sarà il ballottaggio il prossimo 30 ottobre a decidere chi guiderà il Brasile. Il Tribunale supremo elettorale (Tse) ha diffuso alle 2.15 (le 7:15 italiane) i risultati praticamente definitivi delle elezioni presidenziali da cui emerge la certezza di un confronto tra i due ex presidenti. Con lo scrutinio delle schede del 99,99% dei seggi, Luiz Inacio Lula da Silva (Pt, sinistra) ha ricevuto 57.254.672 voti, pari al 48,43%, mentre Jair Bolsonaro (Pl, destra) ne ha ottenuti 51.070.672, equivalenti al 43,20%. Il terzo posto nella scelta degli elettori è andato a Simone Tebet (Mdb, centro-destra) con 4.915.217 voti (4,16%) e il quarto a Ciro Gomes (Pdt, sinistra) con 3.599.157 suffragi (3,04%). Il Brasile resta quindi in bilico.

I conservatori trionfano al Congresso – Ma gli elettori brasiliani hanno votato anche per il rinnovo del Congresso, con i 513 deputati della Camera e gli 81 membri del Senato, e per governatori e organi legislativi in 27 territori. E il nuovo Congresso nazionale del Brasile è il più conservatore nella storia del periodo democratico del Paese, visto che il Partito Liberale di Bolsonaro ha eletto almeno 99 parlamentari, portando a casa il miglior risultato in 24 anni. Successo anche per i due principali esponenti del pool ‘Lava Jato’ (Autolavaggio), la Mani Pulite locale, candidati al Congresso nazionale: oltre all’ex giudice Sergio Moro, eletto senatore, anche il pm Deltan Dallagnol ha conquistato un seggio alla Camera. Entrambi si presentavano nel Paranà, lo Stato da dove nel 2014 partì l’inchiesta anti-corruzione che portò in carcere decine di imprenditori, affaristi e politici. Un segnale che la popolazione non ha scordato il lavoro di quel team di magistrati, ha sottolineato Moro. Moro, candidato per Unione Brasile (di destra), ha ottenuto 1,9 milioni di voti, pari al 33%, mentre sua moglie Rosángela è stata eletta deputata federale per lo Stato di San Paolo (sud-est). Fu Moro a condannare in primo grado nel 2017 l’ex presidente di sinistra Lula, che nel 2021 ha visto annullate le sentenze a suo carico da parte della Corte suprema. Significativa anche la vittoria di Dallagnol, affiliato al partito conservatore Podemos, deputato più votato del Paranà con 325 mila voti, superando la presidente del Pt di Lula, Gleisi Hoffman, seconda con 261 mila voti.

Lo scontro Lula-Bolsonaro Luiz Inacio Lula da Silva, 76 anni, icona della sinistra sudamericana, grande favorito ai sondaggi, non ha confermato i pronostici di vittoria della vigilia, che gli attribuivano fino al 51% di consensi già al primo turno. “La lotta continua fino alla vittoria finale“, ha detto Lula, secondo cui il ballottaggio non è che una “proroga”. Tornato a San Paolo da San Bernardo do Campo, sua roccaforte elettorale dove in mattinata aveva votato, il leader di sinistra ha atteso il responso al Novotel Jaraguà, con la moglie Janja, il vice designato per il suo futuro governo, Geraldo Alckmin, e l’ex presidente Dilma Roussef. Al termine della serata ha raggiunto l’avenida Paulista, prenotata per il bagno di folla della svolta, e ridotta invece a teatro per un abbraccio con qualche decina di migliaia di sostenitori. “Abbiamo vinto sulle menzogne” dell’istituto di sondaggi “Datafolha”. Ora “lavorerò per cambiare il voto della gente” ha promesso Bolsonaro, in giornata bersaglio di un attacco hacker alla pagina web. Anche lui è rientrato dalla trasferta per il voto, da Rio de Janeiro al Palacio da Alvorada, la sua residenza ufficiale a Brasilia, dove la recinzione attorno all’edificio è stata addirittura ampliata, per ospitare i suoi numerosi sostenitori.

Secondo gli analisti, a pesare sul risultato sono stati gli indecisi, il tasso di astensione, e quanti hanno creduto di abbracciare la scelta del cosiddetto ‘voto utile’ (quello cioè di chi avrebbe voluto vedere l’elezione chiusa al primo turno). Malgrado infatti il voto per i 156 milioni di brasiliani chiamati alle urne sia obbligatorio, il tasso di astensione è salito dal 20,3% del 2018 all’attuale 20,94. E proprio Lula sarebbe stato il più danneggiato da questo incremento di assenze. Il primo turno è stato seguito anche dagli osservatori internazionali dell’Organizzazione degli Stati americani, su invito del Tse. Il gruppo – composto da 55 esperti provenienti da 17 Paesi – è stato dispiegato in 15 dei 26 Stati federativi e nel Distretto di Brasilie, certificando che tutto si è svolto in modo corretto, come ha dichiarato il capo della missione- Ma a sorvegliare sulle urne sono stati anche i militari dell’esercito, in un’iniziativa spinta da Bolsonaro, che come il suo avversario Lula ora medita le sue prossime mosse per la vittoria.

Il rischio è che Bolsonaro getti benzina sul fuoco, incendiando le piazze ed accelerando nei suoi attacchi senza tregua per screditare il Tribunale superiore elettorale (Tse) ed il suo presidente, il giudice Alexandre de Moraes, cuore delle procedure democratiche. E in questo periodo di transizione il presidente uscente potrebbe varare misure provvisorie ad effetto immediato (con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale), per dare nuovo impulso alla liberalizzazione della vendita delle armi, accrescendo così il rischio di violenza politica. Una polarizzazione estrema che nei 46 giorni di campagna elettorale al veleno, dal 16 agosto all’apertura dei seggi elettronici del 2 ottobre, ha già fatto contare tre morti, e vari episodi di intimidazione.

In Brasile il voto è obbligatorio per i cittadini alfabetizzati – un 10% di brasiliani è ancora analfabeta – di maggiore età, con piena capacità legale, ma è facoltativo tra i 16 ed 18 anni e dopo i 70. Al primo turno del 2018 l’affluenza è stata dell’80%. Chi non si reca alle urne rischia una multa. Le elezioni in Brasile si svolgono sempre la prima domenica di ottobre, e per le presidenziali, e le elezioni dei governatori, il ballottaggio, necessario se nessun candidato raggiunge il 50%, è previsto per l’ultima domenica, quest’anno il 30 ottobre.

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