Fabio Panetta potrebbe non essere il ministro dell’Economia del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni. Da giorni, infatti, si parla di un pressing dell’aspirante presidente del consiglio sull’ex direttore generale della Banca d’Italia, inserito spesso nelle varie caselle del totoministri come nuovo titolare di via XX settembre. Un pressing che avrebbe pure fatto breccia in Panetta, almeno a sentire i rumors romani. Solo che, vista l’attuale situazione economica, in queste ore si fa strada l’ipotesi di una permanenza dell’economista italiano nel Comitato esecutivo della Banca centrale europea. In questo modo Meloni conserverebbe un’interlocuzione privilegiata ai piani più alti dell’Eurotower: una carta che di questi tempi vale di più di qualsiasi ministro.

L’occhio del Colle su via XX settembre – È per questo motivo che è tornato in auge il nome di Domenico Siniscalco, già esponente dei governi di Silvio Berlusconi e poi passato in Morgan Stanley. In un primo momento, tra l’altro, si era ipotizzato il possibile spacchettamento del ministero, con Siniscalco al Tesoro e Panetta alle Finanze. L’ipotesi più probabile, al momento, è che Meloni metta in stand by la casella al vertice di via XX settembre, posticipando ogni decisione alla chiamata ufficiale di Sergio Mattarella. Non è un mistero, infatti, che in una situazione così delicata il Quirinale sia particolarmente sensibile al successore di Daniele Franco. D’altra parte quando si forma un nuovo governo è una prassi che il Colle mostri particolare attenzione per alcuni dei ministeri chiave. Per esempio è impossibile dimenticare che nel 2018, in una situazione economica molto diversa dall’attuale, il capo dello Stato usò tutte le sue prerogative per sbarrare la strada di via XX settembre a Paolo Savona: i retroscena raccontarono che all’epoca il nome di Giovanni Tria come ministro dell’Economia maturò proprio durante i colloqui tra il Colle e Giuseppe Conte, presidente incaricato del nascituro governo gialloverde. L’impressione è che anche stavolta il nome del nuovo titolare del Mef possa uscire dal confronto tra la nuova premier e il presidente della Repubblica.

Ambasciatori in Parlamento – Il parere del Colle sarà fondamentale anche per sciogliere il risiko rappresentato dalla Difesa e dagli Esteri, due dicasteri collegati nelle trattative di queste ore e che dovrebbero essere entrambi guidati da due diplomatici. Alla Farnesina potrebbe tornare Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ambasciatore negli Stati Uniti d’America, già ministro con Mario Monti, che esordirà come senatore nella prossima legislatura: col centrodestra, in quota Fdi, ha infatti vinto il collegio uninonimale di Treviglio. Alla Difesa, invece, si parla di un diplomatico puro: quello di Stefano Pontecorvo, che è stato l’alto rappresentante della Nato in Afghanistan e ambasciatore italiano in Pakistan. Non è da escludere neanche che Pontecorvo e Terzi di Sant’Agata possano alla fine “scambiarsi” i ministeri, col primo che andrebbe a guidare la Farnesina e il secondo al vertice della Difesa. Per quest’ultimo dicastero ci sono in corsa anche due colonnelli di Fdi come Ignazio La Russa e Adolfo Urso. Molto dipenderà anche dalle decisioni che verranno prese sulla presidenze delle Camere: secondo i retroscena Meloni vorrebbe cedere quella di uno dei rami del Parlamento all’opposizione, restaurando una prassi inviolabile durante tutta la Prima Repubblica e infine violata da Forza Italia all’inizio della Senato. Proprio il partito di Silvio Berlusconi sembra essere quello maggiormente contrario a questa concessione. Anche perché non è un mistero che l’uomo di Arcore ambisce alla presidenza del Senato: per se stesso o per la fidata Anna Maria Bernini.

Il nuovo nome per la Salute – Spunta un nuovo nome, poi, per guidare il ministero della Salute: è quello del professor Rocco Bellantone, direttore di Chirurgia endocrina e dell’obesità del Gemelli. Il nome di Bellantone va ad aggiungersi a quello di Andrea Mandelli, presidente della Federazione ordini farmacisti italiani, vicepresidente uscente della Camera e responsabile Sanità di Forza Italia: la sua candidatura, secondo i retroscena di molti giornali, sarebbe gradita anche alla Lega. Anche perché sarebbe una sorta di risarcimento dopo la sconfitta all’uninominale di Milano Loreto, dove ha vinto Bruno Tabacci col centrosinistra. L’elenco degli aspiranti successori di Roberto Speranza si chiude con Francesco Rocca, presidente della Croce rossa, mentre non ne fa più parte Letizia Moratti: l’ex sindaca di Milano ha spiegato di non voler far parte del nuovo governo, perché intende candidarsi al vertice della Regione Lombardia. Dichiarazioni, le sue, che hanno aperto uno scontro feroce con Attilio Fontana: il governatore è in teoria, fino a questo momento, il candidato unico del centrodestra.

Salvini e il Viminale – Lo scontro ai vertici del Pirellone, dunque, rischia di surriscaldare gli animi nella coalizione, soprattutto sul delicatissimo fronte dei rapporti tra Fdi e la Lega. Rapporti delicatissimi in questa fase di trattative per la formazione del nuovo governo. Tra le grane che Meloni dovrà risolvere rimane infatti sempre quella del Viminale, dicastero rivendicato da Matteo Salvini, che però l’aspirante premier vorrebbe dirottare altrove. Resta sempre sul tavolo l’ipotesi di un doppio vicepremier, col leader della Lega e Antonio Tajani (papabile pure per gli Affari europei) a Palazzo Chigi, mentre agli Interni potrebbe andare un uomo indicato dal Carroccio come il prefetto Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto di Salvini al Viminale. In stand by anche l’incarico di ministro della giustizia, conteso tra un ex magistrato come Carlo Nordio, portato in parlamento da Fdi, e una penalista di grido come Giulia Bongiorno, già ministra della Pubblica amministrazione del governo gialloverde e ora rieletta al Senato. L’impressione è che anche per via Arenula si deciderà solo dopo che a Meloni sarà arrivato l’incarico ufficiale da Mattarella.

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