Luca Zaia e Massimiliano Fedriga sono tornati a casa, dopo il consiglio federale della Lega, che ha riconfermato la fiducia a Matteo Salvini, annunciando di aver imposto al segretario l’indizione delle assemblee cittadine e provinciali entro dicembre, a seguire quelle Regionali. In realtà le tanto agognate assise erano una promessa che risale nel tempo, rinviate con la scusa della pandemia, ma che avevano già cominciato a realizzarsi in sede locale. Comunque il meccanismo adesso si mette in moto, anche se non placa il bisogno di chiarimenti sulla leadership, non solo a Milano, dove Salvini ha blindato il posto fino a quando si farà un congresso del partito, ma anche nella periferia. È qui che si apriranno molto presto altri fronti, che questa volta coinvolgeranno non tanto il dibattito interno, quanto i rapporti con gli scomodi alleati di Fratelli d’Italia che rischiano di mettere il sigillo sulle poltrone che contano, già durante il 2023, visto che vanno in scadenza le giunte regionali di Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.

Leghisti in rivolta
“Nel nostro meraviglioso Veneto abbiamo il nostro capo con un potente consenso, che ancora oggi non ci risponde sulla questione elezioni 2022. Vedo che tanti commenti vengono cancellati, il tempo degli onori è finito?”. A scriverlo, sul sito Facebook del governatore Zaia è addirittura un ex assessore leghista di Cornedo Vicentino, un imprenditore deluso. A ilfattoquotidiano.it spiega: “Dal 1992 per 24 anni ho dato il sangue alla Lega e avevo avvertito tutti, a cominciare da Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale, che sarebbe finita così: i leghisti avrebbero votato per la Meloni. Adesso Zaia dovrebbe spiegare”. Il problema di tanti militanti è capire come rispondere alla batosta elettorale e invertire la tendenza. Per questo cominciano già a circolare nelle sezioni moduli per la raccolta delle firme per chiedere la convocazione dell’assemblea regionale. In Veneto lo scopo sarebbe quello di presentare il conto a Salvini, eleggendo un segretario diverso da Alberto Stefani, il deputato e sindaco di Borgoricco (Padova) che è commissario regionale. Si è già candidato Roberto Marcato, assessore nella giunta Zaia, che è stato uno dei primi a chiedere le dimissioni di Salvini dopo la notte del tracollo.

Resa dei conti con Fratelli d’Italia?
Al momento tutti lo negano, ma i rapporti della Lega con Fratelli d’Italia sono destinati a cambiare. Non a caso, sull’onda del successo di Giorgia Meloni, l’assessore regionale Elena Donazzan, intervistata dal Giornale di Vicenza, dice: “Quando ero una consigliera regionale in erba, nel 2005, una giornalista mi chiese: ‘Cosa farà da grande?’ E io risposi: ‘Sogno di fare la presidente di Regione’. Per me è davvero un sogno, amo questa regione e questo Veneto io l’ho portato dentro FdI. Farò la candidata presidente? Mi piacerebbe, ma dipende dagli equilibri di coalizione nazionali”. Già dirlo, con lo strapotere di Zaia, è un avviso ai naviganti, visto che da Fratelli d’Italia gira un nome, quello di Luca De Carlo, coordinatore regionale, riconfermato senatore. Il neo eletto Raffaele Speranzon: “Noi saremo sempre leali con Zaia e sono sicuro che lui, da persona sensibile e di grande intelligenza qual è, saprà trovare le giuste forme per un riconoscimento del peso politico acquisito da Fdi”. L’eurodeputato Sergio Berlato: “Non metteremo in discussione il governatore, ma con gli alleati sarà bene cominciare seriamente a pensare al dopo-Zaia”. Quest’ultimo non potrà ricandidarsi e quindi FdI scalda già i motori. Non a caso, Alberto Villanova, capogruppo regionale dei leghisti, ha convocato i consiglieri regionali e ha detto: “Siamo la squadra del presidente della Regione Zaia, il nostro compito è continuare a dare il buon esempio di una buona amministrazione. Non vogliamo correre il rischio di consegnare fra tre anni la Regione ad altre forze politiche”. Le analisi sul tracollo però sono state molto critiche e la Lega sente il fiato sul collo.

Friuli Venezia Giulia e Trentino
Quanto il partito della Meloni voglia appropriarsi del potere gestito dalla Lega lo si capirà tra poco. In Friuli Venezia Giulia nella primavera del 2023 si vota per consiglio e giunta regionale. Il leghista Massimiliano Fedriga si è già ricandidato e non sembra che il centrodestra si opponga. Il segretario provinciale a Trieste, Pierpaolo Roberti, commenta: “C’è stato un calo di consensi, ma questo non ci preoccupa minimamente per le Regionali. Sono due partite diverse. Il voto alle Politiche è legato al simbolo, alle Regionali invece influiscono il candidato presidente e i singoli candidati che raccolgono le preferenze sul territorio. Un candidato forte trainerà anche il partito”. “Andiamo a riprenderci i voti” promette Marco Dreosto, coordinatore regionale della Lega.

Acque agitate, invece, in Trentino, dove la Lega è stata doppiata da Fratelli d’Italia, passati dal 3,4 per cento al 25 per cento, ed ora primo partito. Il governatore Maurizio Fugatti scadrà fra un anno e ha dovuto incassare, subito dopo il voto, un avvertimento dagli ingombranti alleati che hanno attaccato il vicepresidente Mario Tonina (Progetto Trentino). Il consigliere provinciale e assessore regionale Claudio Cia di FdI, ha chiesto pubblicamente un chiarimento: “Non ci pare normale che un vicepresidente, sostenuto dal centrodestra, prima tenti la candidatura contro la nostra coalizione, poi, dopo essere stato stoppato, acquisti un’intera pagina su un giornale locale invitando a votare il Patt-Svp, firmandosi anche con il ruolo istituzionale. Questo ci sembra scorretto”. Come non bastasse, Cia si è rivolto a Fugatti: “Vogliamo capire a che gioco si sta giocando. Sarebbe ora e tempo che il presidente inizi a confrontarsi con il nostro commissario, che sta aspettando una sua chiamata dallo scorso dicembre. Si tratta di correttezza nei rapporti tra forze politiche”. Se non è un ultimatum, poco ci manca.

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Governo, presidenzialismo e rigassificatori: Renzi e Calenda già si offrono a Meloni. “Sulle cose giuste pronti a collaborare”

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