di Graziana Scaglia

Alla fine degli anni ’90 con i decreti di Bersani e di Letta è iniziata una nuova era in ambito energetico. Nati per adeguarci alle direttive europee e concernenti norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, si inquadravano nell’obiettivo dell’Unione Europea di attuare un ampio processo di apertura dei mercati in modo da conseguire importanti risultati di politica energetica e ambientale, quali: maggiore qualità ed efficienza del servizio; contenimento dei prezzi; maggiore integrazione delle reti energetiche; maggiore sicurezza degli approvvigionamenti; maggior sviluppo tecnologico; tutela dell’ambiente.

Peccato che di questi bei propositi sia, ahimè, ormai, rimasto poco o niente. Al contrario il libero mercato ha creato una giungla nella quale risulta difficile districarsi, soprattutto per i consumatori domestici e i piccoli o piccolissimi imprenditori che non hanno un ufficio acquisti in grado di valutare l’andamento dei prezzi e le informazioni necessarie per scegliere quello giusto o più conveniente. Un po’ il parallelo delle compagnie telefoniche. Solo che in questo caso risulta più facile captare le offerte, si paga 5,10 euro al mese tutto compreso per 50, 100 giga telefonate ed sms illimitati. Fine della storia. Più complesso il discorso dell’energia elettrica e del gas, che con i due sopraccitati decreti ha separato le due attività: l’approvvigionamento e la distribuzione. Servizi diversi gestiti da società diverse. Oltretutto il cambio venditore è lungo. Ci vogliono due o tre mesi per avere lo switch.

Quindi se da un lato il prezzo per l’acquisto della materia prima può, per certi versi, essere chiaro (eufemismo!), il prezzo dei cosiddetti oneri di sistema (distribuzione) rimane un mistero, sia perché non si sa chi, di fatto, lo esercita (si tratta di complesse e oscure procedure di concessione delle reti di distribuzione) sia perché non è possibile verificare se il venditore ce le stia addebitando in modo corretto. Su questo una miglior chiarezza sarebbe d’obbligo, anche semplicemente indicando in bolletta chi è il gestore delle reti – puta caso mi venisse lo sghiribizzo di andare a controllare che siano corrette.

Arrivo al dunque per giustificare le aberrazioni energetiche. Dicevo, bello il mercato libero, la libera concorrenza, bla, bla, ma c’è un ma. Le società energetiche, al pari di quelle telefoniche, inventano di tanto i tanto nuovi contratti indirizzati a clienti diversi: prezzo fisso, prezzo bloccato, prezzo aggiornato all’andamento del mercato. E’ proprio su quest’ultima tipologia di contratto che si sta giocando il grande bluff dell’ultimo anno di aumenti e gli iperbolici guadagni di queste società che, fino a poco più di 20 anni fa, erano pubbliche e in quanto pubbliche non avevano fini di lucro. Le vecchie municipalizzate spariscono dall’universo e con esse sparisce un mondo fatto di professionalità che mirava al pareggio di bilancio con il giusto equilibro tra tariffe applicate e manutenzione delle reti.

Il mercato libero, avendo come fine ultimo e legittimo la realizzazione di utile, ha fatto esplodere le tariffe e ridotto gli investimenti. La giungla delle tariffe è tale per cui mi trovo nell’assurda situazione in cui a casa, avendo un paio di anni fa cambiato contratto a causa di un trasloco, beneficio di una tariffa a prezzo bloccato a € 0,26 mc, mentre nella mia gastronomia (che è a 100 metri da casa) sto pagando lo stesso gas che arriva dallo stesso fornitore a € 1,25 e cambiarlo ora, mettendo un prezzo fisso, non risolve il problema, anzi. Il prezzo con cui viene acquistato il gas che mi viene consegnato nulla ha a che vedere con il prezzo di mercato che è un prezzo finto, frutto di contrattazioni delle borse per mere speculazioni e facili guadagni giornalieri (ricorda molto la grande bolla speculativa delle borse di una trentina di anni fa, quando in pochi giorni titoli tipo Tiscali faceva registrare guadagni stratosferici). A pagarne le spese, come sempre, noi consumatori.

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