Se tutto andrà come previsto e richiesto dal Governo uscente, ad aprile Piombino ospiterà per almeno tre anni all’interno dell’area portuale la Golar Tundra, gigantesco cargo rigassificatore che ogni settimana trasformerà il gas liquido proveniente dalle metaniere per immetterlo nella rete nazionale. Lo scopo è quello di diversificare la dipendenza italiana da gas estero, andando a diminuire quello di provenienza russa.

Eppure, la comunità locale è spaventata dai rischi connessi all’impatto ambientale che avrà questo rigassificatore a circuito aperto, che preleva acqua di mare e la rilascia raffreddata di sette gradi centigradi e addittivata di cloro. “In questi mesi abbiamo ricevuto rassicurazioni dalla Snam – spiega Claudio Pedroni di Agroittica Toscana, azienda del polo di allevamento pesci di Piombino che nel suo insieme rappresenta il 60% della produzione italiana – ma sono solo studi teorici, non validati scientificamente con l’osservazione di temperature e correnti come sarebbe normalmente previsto”. Il timore è che l’alterazione dell’ambiente marino possa danneggiare il limitrofo allevamento di pesci, un comparto che occupa oltre 300 persone nella zona di Piombino.

Il governatore della regione Toscana Eugenio Giani, nelle vesti di commissario straordinario per l’opera, ha dichiarato che la conferenza dei servizi darà parere definitivo sulla realizzabilità dell’opera entro fine ottobre. “Manca solo un mese ma non hanno ancora risposto ai quesiti che abbiamo posto – spiega Ugo Preziosi per il coordinamento contro il rigassificatore che riunisce quattro diversi comitati cittadini – chiediamo garanzie sulla sicurezza e sull’impatto ambientale dell’opera, non possiamo stare sereni sulla base di quello che auto-dichiara l’azienda che gestirà l’impianto”.

Quello che preoccupa tutti, dal sindaco in quota Fratelli d’Italia Francesco Ferrari fino a tutti i partiti dell’opposizione a livello locale, è l’assenza di valutazione di impatto ambientale e di tutti i criteri di sicurezza normalmente previsti e di fatto accelerati o saltati per via della decretazione di emergenza. “Ma gli stessi partiti che a livello locale sembrano lottare insieme a noi – spiegano i comitati contrari al rigassificatore – a livello nazionale sono chiaramente intenzionati ad andare avanti”. Per questo ci si chiede che ripercussioni potrà avere sul voto una vicenda che rischia di dividere i cittadini quando arriveranno le proposte di compensazioni economiche alle quali sta lavorando la squadra commissariale: “Ora guarda caso la Snam promette 1.500 posti di lavoro per il rigassificatore – denuncia Massimo Lami, lavoratore e storico delegato dell’Unione Sindacale di Base dell’acciaieria di Piombino – proprio il numero totale degli operai da anni in bilico tra cassa integrazione e disoccupazione dopo la chiusura della parte a caldo della fabbrica, nel 2014”.

Dopo tante promesse mancate, tra le quali la bonifica dell’area industriale dismessa, nessuno sembra credere davvero alle garanzie occupazionali o alle ipotesi di sconti sulle bollette per i cittadini piombinesi come forme di indennizzo per l’ennesima servitù alla quale, alla fine, sembra che la città sia destinata.

“Ci accusano di voler lasciare al freddo gli italiani impedendo la costruzione qui del rigassificatore – commenta il sindaco Francesco Ferrari – ma anche nella migliore delle ipotesi l’impianto non sarebbe operativo prima di marzo, c’è quindi tutto il tempo per valutare alternative più sicure nel rispetto delle norme come avviene nel vicino rigassificatore a 22 km dalla costa di Livorno”.

Anche il rigassificatore di Piombino, dopo i primi 2-3 anni sulla banchina, si prevede vada spostato off-shore, in mare aperto, ma non è ancora chiaro dove possano collocarlo considerando che sul Golfo di Follonica al quale si affaccia Piombino si trovano le “gabbie” della più grande industria di allevamento pesci d’Italia, mentre poco distante ci si trova in mezzo all’area protetta dell’arcipelago toscano.

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