Eccoci qua. Campagna elettorale iniziata, coalizioni pronte e squadre ai posti di partenza.

Partiamo da Enrico Letta, il novello Sandokan parigino che vuole vedere i propri candidati con gli occhi da tigre. All’interno della ditta del Pd devono avere avuto qualche problema con i paragoni e gli animali, ci aveva provato Bersani che voleva smacchiare il giaguaro e sappiamo l’infelice esito. E allora vediamoli questi nuovi tigrotti candidati da Enrico. Il fiore all’occhiello pare sia Andrea Crisanti, pochi occhi da tigre ma esperto di malattie derivanti dalla zanzara. Anzi pare che la campagna elettorale a seguito della sua candidatura cambierà slogan e passerà da occhi da tigre a occhi da zanzara.

Insomma, oltre a qualche battuta bisogna ricordare tutte le panzane dette dal narcisista Crisanti durante la pandemia. Ha detto tutto e il contrario di tutto. Voleva continuare a chiudere tutto; per non parlare del fallimentare e milionario progetto che ha portato avanti con la Regione Sardegna. Se non fosse stato per Renzi ad oggi avremmo ancora avuto in costruzione le primule di Arcuri e le cavolate di Conte su Facebook.

Iniziamo malissimo, ma andiamo avanti. Il buon Letta ha schierato altri grandi tigrotti, come non ricordare il buon Luigi Di Maio. No non è un errore di battitura: in un collegio uninominale sarà candidato il fondatore del Movimento 5 Stelle Gigino Di Maio. Sarebbe anche inutile ricordare tutto quello che ha detto l’ex grillino contro il Pd e soprattutto contro i suoi elettori. Ma questo è, chi voterà Pd contribuirà ad eleggere Di Maio per la terza volta consecutiva. Più che Pd siamo di fronte al partito salva poltrona a Di Maio e compagnia.

Poi ci sono i grandi nemici della Nato e dell’Europa, ossia i coniugi Fratoianni e Bonelli. Poi i sempreverde Camusso, Bonino, Tabacci, Fassino e Speranza. Praticamente niente novità ma semplice restaurazione. La cosa più triste è che oramai il Partito Democratico non esiste più: Letta, dopo anni di autoesilio a Parigi, è rientrato e senza alcuna legittimazione delle primarie ha preso in mano il Partito e lo sta portando alla sua definitiva estinzione. Per lo meno non sarà più il partito riformista a vocazione maggioritaria per cui era nato, la ditta dalemiana è riuscita nel suo scopo: eliminare ogni voce riformista e moderata.

Le liste, le epurazioni e le alleanze sono il risultato finale di questa strategia. Hanno per anni denigrato chi ha cercato di aprire orizzonti politici lungimiranti: chi ha portato il Pd al 40%, chi voleva innovare, chi voleva riformare. Hanno sempre usato toni e modi offensivi e talvolta calunniosi contro colui che legittimamente era alla guida del Pd. Hanno combattuto e cercato di isolare chi grazie alle proprie intuizioni politiche ha riportato il Pd al governo nonostante avesse perso le elezioni. Insomma, dopo tutto questo che fanno? Iniziano una campagna elettorale dicendo che c’è il pericolo che vinca la destra.

Ci sarebbe da rispondere in maniera un pochino volgarotta ma il succo è evidente: cavolo, non avete fatto altro che distruggere chi nonostante tutto lavorava con voi. Ma mica finisce qui: dopo queste cose così eclatanti, dopo essere alleati strutturalmente con i resti del Movimento 5 Stelle e aver fatto finta di non candidarsi insieme alle politiche, chi continuano ad attaccare appena iniziata la campagna elettorale? Sì, sempre lui: Matteo Renzi.

Ma questa volta le cose sono molto chiare: da una parte la destra sempre più meloniana, dall’altra una sinistra sempre più dalemiana, nel centro una soluzione coerente e lungimirante, un’area moderata e riformista. Un’area della competenza e dei valori europei e atlantisti. Una soluzione politica nuova e al passo con i tempi che viviamo, l’unica soluzione per riavere Draghi al Governo. L’unica soluzione per avere serietà e credibilità alla guida del nostro Paese.

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