Attratti dal miraggio delle criptovalute, con rendimenti che arrivavano al 10% al mese, migliaia di investitori rischiano di essere rimasti vittime di una colossale truffa o di un raggiro che ha bruciato i risparmi di una vita. Epicentro dello scandalo sembra essere la provincia di Treviso, dove aveva sede una società fondata nel 2020, poi emigrata a Londra dove risulta la sede legale, ma con filiali a Dubai e in Svezia.

Secondo la proposta, grazie a un sistema di analisi del mercato e dei titoli su cui puntare, la società avrebbe ottenuto i migliori rendimenti, a beneficio dei clienti. Qualche giorno fa questi ultimi sono però stati informati con una mail che, a causa di problemi interni, la società sarebbe pronta alla restituzione del capitale versato, secondo un piano di rientro. Centinaia di persone hanno interessato le associazioni di tutela. Tra queste, il Movimento Difesa del Cittadino, che attraverso l’avvocato Matteo Moschini, ha dichiarato: “In queste ore stiamo ricevendo chiamate dal Veneto, ma anche da Lombardia, Friuli, Canton Ticino, Piemonte, Abruzzo e Sicilia. Si tratta di clienti della stessa società che temono di essere stati truffati. Stiamo raccogliendo la documentazione e presenteremo una denuncia collettiva alla Procura della Repubblica di Treviso”. La competenza, in base alla prima sede della società, dovrebbe essere radicata nel capoluogo della Marca. Si tratterebbe di un sistema ben noto alle cronache: si promettono alti rendimenti, ma gli interessi verrebbero pagati non con le rendite effettive, bensì con i capitali forniti da nuovi clienti. Si tratta dello Schema Ponzi, di cui esiste una vasta letteratura giudiziaria, perché a un certo momento il giocattolo si rompe e mancano i soldi per far fronte agli impegni. A rimanere con il cerino in mano sono gli investitori, mentre inizia una complessa partita per individuare le responsabilità. Tutto si complica se le iniziative finanziarie avvengono all’estero.

Intervistato da Il Gazzettino, l’avvocato Moschini ha aggiunto: “Dall’analisi della documentazione relativa alla società New Financial Technology di Silea, emerge che la stessa si trova in una situazione di rischio (26 in una scala che va da 1 (rischio massimo) a 99 (rischio minimo) e non è in buone condizioni economico-finanziarie, presentando il più basso merito creditizio e avendo chiuso il 2020 in perdita”. In una videoconferenza su zoom, i clienti hanno ricevuto dai soci l’assicurazione che il denaro sarà restituito entro dicembre. Ai clienti sono state prospettate due possibilità: chiedere la restituzione di tutto il capitale investito, oppure accontentarsi di una restituzione parziale, con la promessa di ottenere una rendita del 180% (entro dicembre) sulla parte restante. Uno dei legali di Nft, in attesa di un comunicato ufficiale della società, ha detto al Mattino di Padova: “Schema Ponzi? Escludo questa possibilità. Stiamo lavorando per la restituzione dei capitali. I soldi degli investitori, a quanto ci risulta, ci sono”. Non si è trattato di un fulmine a ciel sereno, perché da qualche tempo non arrivavano i pagamenti del 10% mensile pattuito. Qualche giorno fa un centinaio di clienti hanno aperto un gruppo Facebook, chiuso però nel giro di poche ore, per timore di violazione della propria privacy.

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