In Italia nel 2021 sono andati a fuoco 160mila ettari di superficie, bruciati in 1422 incendi sviluppati lo scorso anno. Il numero è altissimo e “regala” all’Italia la medaglia d’oro europea per numero di roghi registrati e il secondo posto al mondo. Lo rivela un dossier dell’Università Cattolica di Roma intitolato “Il cambiamento climatico in Italia. Lo scenario italiano alla luce del documento Climate Change Is a Health Crisis”, realizzato in collaborazione con l’Italian Institute for Planetary Health (IIPH). “Si tratta del numero più alto registrato nell’ultimo decennio, ma ci aspettiamo dati peggiori anche per quest’anno”, sottolinea la ricercatrice Chiara Cadeddu.

Ben quindici sui 1422 incendi registrati lo scorso anno si sono estesi per oltre 1000 ettari. Il più grande, spiega lo studio, ha interessato la Sardegna, allargandosi oltre i 13mila ettari di superficie. Lo studio, presentato oggi, mette l’accento anche sul recente problema di siccità estrema che, sottolineano i ricercatori, “sta gettando le basi per la desertificazione” che oggi interessa il 25% della popolazione mondiale, compresi i residenti di alcune regioni del Sud Italia, come Sicilia, Puglia e Calabria.

Cambiamenti climatici ed eventi meteo estremi che ne derivano, dice il rapporto, possono causare migrazioni e ridurre le disuguaglianze socioeconomiche può aiutare ad attenuare i rischi per la salute nelle persone più esposte ai cambiamenti climatici. Ma il primo modo per attenuarli è puntare su fonti rinnovabili di energia. “Come fanno in modo esemplare alcune regioni come la Valle d’Aosta, la cui quota percentuale di rinnovabili sul consumo lordo di energia è maggiore del 90%, mentre la Basilicata si trova in terza posizione con il 49,5%. Entrambi i valori – evidenzia il dossier – sono maggiori rispetto alla media nazionale (17,1%)”.

Un altro rapporto Wwf, diffuso sempre il 22 luglio, “Spegnere oggi gli incendi di domani. Dalla gestione dell’emergenza a gestione e prevenzione del rischio” evidenzia che nel 2021 “più di 600mila ettari sono andati in fumo nei sei Paesi euro-mediterranei di Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e Turchia; una superficie ben superiore alla media dei decenni precedenti, come già era accaduto nel 2017 e nel 2020”. E il trend si conferma anche per il 2022.

Secondo il rapporto dell’associazione ambientalista “oltre il 97% degli incendi in Europa è riconducibile all’attività umana, la maggior parte dei quali per colpa. Negligenza, imprudenza, inesperienza e disattenzione causano l’ignizione del fuoco senza la volontà di arrecare un danno, per esempio in seguito ad un’errata gestione di pratiche agricole o forestali come abbruciamento di stoppie e potature, incendio di rifiuti, o attività ricreative come barbecue e fuochi pirotecnici”. Per il Wwf “il contrasto degli incendi boschivi basato sulla lotta attiva dell’evento non è più idonea a fronteggiare efficacemente questo fenomeno, proponendo per contro una più appropriata prevenzione del rischio”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

La legge Salvamare il mare lo salva poco: in gran parte solo buoni propositi

next
Articolo Successivo

Siccità, il fiume è in secca: decine di pesci morti nel Serio. Il video dalla provincia di Bergamo

next