La teoria della deterrenza nucleare, messa in discussione dall’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin con tanto di minaccia atomica, non mostra tentennamenti in Italia. Così Roma compie un altro passo in avanti nel suo coinvolgimento nella proliferazione di armi nucleari e si conferma uno degli obiettivi più sensibili in caso di conflitto allargato. Il 16 giugno, alla base Nato di Ghedi è stato consegnato il primo cacciabombardiere F-35 che l’Aeronautica Militare ha deciso di dare in dotazione al gruppo dei Diavoli Rossi. Una consegna dall’alto valore simbolico, dato che si tratta del primo mezzo in grado di bombardare con la nuova versione di bombe nucleari B61-12. Intanto, dal 21 al 23 giugno decine di Stati mondiali si ritroveranno per un incontro alle Nazioni Unite a Vienna per sostenere il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. L’Italia (invitata) ha fatto sapere che non parteciperà.

Mentre la minaccia atomica sollevata dal capo del Cremlino è ancora viva, soprattutto dopo la dura presa di posizione dei tre leader europei fino ad oggi più dialoganti nei confronti della Russia, ossia Francia, Germania e Italia, a Roma è stato consegnato un mezzo che segna un ulteriore passo in avanti nell’esposizione italiana in caso di scontro nucleare. Il Paese era già fornito di Tornado in grado di sganciare bombe atomiche B61-11, ma solo il più avanzato F35 è in grado di trasportare e utilizzare i nuovi ordigni nucleari. Così, oltre a ospitare testate nelle proprie basi di Ghedi e Aviano, fatto che rende l’Italia un obiettivo sensibile in caso di guerra nucleare, ora l’esercito si è dotato anche di mezzi dalle capacità offensive d’avanguardia proprio in tema di bombe atomiche.

Non a caso, il gruppo dei Diavoli Rossi è quello destinato a mantenere attiva e operativa la cosiddetta “capacità non convenzionale” dell’Aeronautica, spiega Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana Pace e Disarmo. “In questo gruppo ci sono coloro che si addestrano ogni giorno a portare sui propri aerei e a ‘dispiegare’ le bombe con testate nucleari presenti a Ghedi”.

A confermare la posizione sposata dall’Italia c’è anche un’altra scelta del governo di Roma: mentre i 61 Paesi che hanno ratificato il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari voluto da Ican (la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari Premio Nobel 2017) prenderanno parte alla tre giorni del 21-23 giugno, e altri ancora hanno già confermato la propria adesione, l’Italia ha respinto l’invito degli organizzatori all’evento in cui i governi mondiali discuteranno proprio una strategia per dare inizio a un allontanamento dal nucleare in campo militare. La conferma, spiegano gli organizzatori, è arrivata direttamente dagli uffici del Sottosegretario agli Affari Esteri Benedetto Della Vedova. Un appuntamento dall’alto valore simbolico se si pensa che si tratta del primo dopo l’escalation militare in Ucraina che ha riportato il tema al centro del dibattito internazionale. “Senzatomica e Rete italiana Pace e Disarmo esprimono rammarico per la decisione presa dal governo che perde l’occasione di poter discutere al tavolo, con rappresentanti di Paesi e società civile provenienti da tutto il mondo, il tema del disarmo nucleare reso sempre più urgente dal conflitto in Ucraina – si legge in una nota dei gruppi italiani che prendono parte all’iniziativa – Purtroppo, quindi, il nostro paese non sarà tra i circa cento governi che parteciperanno agli incontri di Vienna, dove è prevista anche la presenza di Stati non firmatari del Trattato come Svezia, Finlandia e Svizzera e anche alleati Nato come Germania e Norvegia“.

I Paesi che invece hanno deciso di aderire, spiegano gli organizzatori, stabiliranno come portare avanti la missione del Trattato, ossia l’eliminazione totale delle armi nucleari in tutto il mondo. Gli oltre 100 governi che parteciperanno all’incontro adotteranno “una dichiarazione politica che risponda alle recenti minacce di utilizzo di armi nucleari e all’aumento del rischio di conflitto nucleare”, svilupperanno “procedure per fornire assistenza alle vittime dell’uso o dei test di armi nucleari e per la bonifica ambientale” e infine decideranno “gli aspetti chiave dell’attuazione del TPNW, comprese le scadenze per la distruzione delle armi nucleari da parte degli Stati dotati di armi nucleari che aderiscono al Trattato”. Un evento al quale gli organizzatori speravano prendessero parte anche i rappresentanti proprio di quegli Stati dotati di ordigni nucleari o che fanno parte del cosiddetto nuclear sharing, ossia del gruppo di Paesi che vengono riforniti di armi atomiche dagli alleati: di questi, solo la Germania sarà sicuramente presente, mentre i Paesi Bassi presenzieranno se il governo deciderà di rispettare il voto del Parlamento che ha chiesto la presenza di una delegazione di Amsterdam. Anche in Italia la commissione Esteri alla Camera ha votato, il 19 maggio, una risoluzione per il disarmo nucleare globale chiedendo l’adesione al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari. Ma l’esecutivo Draghi è su altre posizioni: non ci saranno rappresentanti italiani all’evento di Vienna.

Twitter: @GianniRosini

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