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Palermo, Gioacchino Genchi assolto dopo 13 anni: “Nessun trattamento illecito di dati quando ha acquisito i tabulati di Cisterna”

La quinta sezione del Tribunale di Palermo presieduta da Donatella Puleo, ha assolto l'ex consulente informatico di diverse Procure italiane, accusato di trattamento illecito di dati e abuso d’ufficio "perché il fatto non costituisce reato", disponendo la restituzione all’imputato dei beni in sequestro. La vicenda andava avanti dal 2009
Palermo, Gioacchino Genchi assolto dopo 13 anni: “Nessun trattamento illecito di dati quando ha acquisito i tabulati di Cisterna”
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Non ha violato i dati personali dell’ex vice procuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna. Per questo motivo la quinta sezione del Tribunale di Palermo presieduta da Donatella Puleo, ha assolto Gioacchino Genchi, ex consulente informatico di diverse Procure italiane, accusato di trattamento illecito di dati e abuso d’ufficio “perché il fatto non costituisce reato”, disponendo la restituzione all’imputato dei beni in sequestro. Genchi aveva acquisito quei tabulati telefonici quando era consulente informatico dell’ex pm Luigi de Magistris.

Per l’ex consulente informatico della polizia, che oggi fa l’avvocato, il pm aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione oltre alle pene accessorie. Genchi, che è stato difeso dall’avvocato Fabio Repici, aveva rinunciato ad avvalersi della prescrizione nel corso del processo, che si trascina dal 2009, cioè da ben 13 anni. Cisterna si era costituito parte civile ed ha partecipato attivamente a quasi tutte le udienze.

Dopo l’uscita del suo libro intervista (“Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”), Genchi è stato accusato dalla Procura di Palermo che aveva condiviso quanto denunciato da Cisterna, disponendo il sequestro di tutti i sistemi e i supporti informatici al tempo utilizzati dall’investigatore. Tutto cominciò quando Genchi – consulente delle più importanti Procure italiane, sin dai tempi delle prime collaborazioni con Giovanni Falcone, oltre che consulente nelle indagini sulle stragi del ’92 – venne nominato dal pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, nelle inchieste “Poseidone” e ”Why Not”. Nel corso dell’acquisizione dei tabulati dei dati relativi al traffico telefonico, emersero alcune utenze cellulari in uso a Cisterna, unitamente ad altre in uso a soggetti con lui in rapporti, quando questi svolgeva le funzioni di procuratore aggiunto della Procura Nazionale Antimafia. Per quei suoi rapporti, il Csm aveva applicato a Cisterna la sanzione disciplinare e la misura cautelare del trasferimento d’ufficio e l’incompatibilità a svolgere funzioni requirenti, entrambe confermate dalle sezioni unite della Cassazione.

Genchi aveva riscontrato soprattutto che Cisterna si sentiva spesso con l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia, recentemente arrestato con l’accusa di essere la cerniera tra le cosche della ‘ndrangheta e la politica: nello studio legale Pittelli di Roma, all’epoa dei fatti, collaborava come avvocato la moglie di Cisterna. La pubblicazione di questo e di altri contatti intrattenuti dal magistrato mentre era vice procuratore nazionale antimafia, secondo quanto aveva denunciato, gli avrebbero arrecato “nocumento”. Tuttavia, come sostenuto nella memoria difensiva dell’avvocato Repici, “a ben leggere il contenuto del libro, tanto i contenuti dell’intervista, che le considerazioni dell’intervistatore, non riportano alcun dato personale del dottor Alberto Cisterna, trattandosi tutte di informazioni pubbliche, già ampiamente divulgate da fonti aperte”. Inoltre, è stata sostenuta “la liceità della detenzione e del trattamento dei dati delle consulenze giudiziarie svolte, anche per adempiere alla numerose richieste che tutt’ora gli pervengono da parte di numerose autorità giudiziarie di tutta Italia”. Cisterna non si era limitato a denunciare penalmente Genchi alla Procura di Palermo, bensì aveva anche presentato un esposto al Garante della Privacy che gli aveva inflitto una sanzione di 192 mila euro, annullata prima dalla sezione civile del Tribunale di Palermo e poi dalla Cassazione, che ha rigettato il ricorso del Garante e ha integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Palermo.

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