Potrebbe chiudere per sempre anche l’ultimo baluardo di informazione indipendente in Russia, il gruppo RBC: alla fine del 2021 il colosso del gas Rosneft e la sua società satellite NNK hanno portato in tribunale di nuovo RBC con una richiesta di risarcimento da 7 milioni. Ormai RBC ha perso già due cause ed è molto probabile che perda la terza in un mese. Sette milioni di dollari equivalgono a più del budget di RBC e porteranno evidentemente l’azienda al fallimento. Oltre a ciò, RBC vive dei ricavi pubblicitari che si stanno riducendo ogni giorno a causa delle conseguenze economiche delle sanzioni e dell’esodo di società internazionali dal mercato russo: ad oggi meno 65%. Dal 2017 Rosneft ha cercato ripetutamente di perseguire RBC nei tribunali. RBC si è difesa con successo la prima volta e poi nel 2020, quest’ultimo caso per un valore di 625 milioni di dollari. Una cifra assolutamente senza precedenti per una causa nei confronti dei media, che verosimilmente era stata concepita per azzoppare l’azienda.

Ben prima delle proteste contro la guerra in Ucraina la situazione relativa alla libertà di stampa e di espressione in Russia era allarmante: negli ultimi tre mesi le autorità russe hanno scatenato una repressione senza precedenti contro il giornalismo indipendente, bloccando i media critici più popolari, chiudendo stazioni radio indipendenti e costringendo dozzine di giornalisti a interrompere il proprio lavoro o a lasciare il Paese. In questo modo i cittadini sono stati privati dell’accesso a informazioni obiettive e affidabili. Lo stesso Roskomnadzor, il regolatore dei media russo, ha bloccato l’accesso a Facebook e Twitter.

In Russia le testate subiscono pressioni chirurgiche: ad oggi ben 166 tra giornalisti indipendenti e blogger che scrivevano su Moscow Times, Dozhd, Meduza, Novaya Gazeta sono stati dichiarati agenti stranieri. Non va dimenticato che, in base alla nuova legge sull’informazione entrata in vigore nel marzo scorso subito dopo l’invasione dell’Ucraina, qualsiasi media o giornalista che esprima un’opinione o una visione degli eventi in Ucraina diversi da quelli del ministero della Difesa può essere condannato a 15 anni di carcere. Questa la ragione del passo indietro di numerose testate autorevoli, alcune delle quali sono state addirittura bandite dal regolatore statale Roskomnadzor.

L’unico megafono libero e non statale rimasto integro nel paese è proprio quello che risponde al nome di gruppo RBC che, tra le altre cose, ha trasmesso i discorsi di alti funzionari ucraini, tra cui il presidente Zelensky, o quelli di politici europei e americani. Fondato nel 1993, RBC è stato una fonte di informazioni per oltre 40 milioni di persone in Russia e all’estero. È anche considerato da esperti internazionali una delle pietre miliari della società civile in Russia. Oltre alle breaking news e ai focus economici, RBC pubblica molti contenuti su investimenti, mercati azionari, alfabetizzazione finanziaria, scienza popolare e nuove tecnologie, o interviste esclusive con rappresentanti delle principali imprese internazionali. In passato il gruppo è stato partner di nomi significativi del panorama internazionale come Ft, CNBC, Bloomberg, Deutsche Welle. Nel primo bimestre della guerra in Ucraina il 65% della pubblicità di RBC è stato cancellato. Pertanto è molto probabile che incontrerà presto problemi finanziari enormi, con il possibile licenziamento dei suoi mille dipendenti (di cui 600 giornalisti).

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