Se dicessi Tinto Brass, Gigi Proietti e un supermarket di sex toys cosa pensereste? No, non è un quiz da risolvere sotto l’ombrellone ma una bellissima storia. Parto da Brass, un cognome, una garanzia. Appena ho letto che in occasione del Photolux Festival a Lucca ci sarebbe stata una grande retrospettiva intitolata “Brass mon amour”, ho organizzato una trasferta per non perdermi foto, aneddoti, lettere provenienti dall’archivio privato del regista che di recente ha compiuto 89 anni.

Ed è stato proprio un suo grande ritratto con l’iconico sigaro che si intravedeva entrando a Villa Bottini, location perfetta. Si accede alla mostra e subito una carrellata di foto in bianco e nero sull’infanzia e poi sulla gioventù, dove un autoironico Brass commenta una buffa posa in barca con “Quando ero un fusto vogatore – anni ’40-‘50”. Una storia personale ed artistica da cui persino Quentin Tarantino ha attinto. Qui il gioco di parole è divertente ma lo capiranno in quattro.

Attinto, Tinto e Istinto. E’ proprio Istintobrass il docufilm di Massimiliano Zanin, proiettato in una delle sorprendenti sale della Villa, a farmi accomodare e guardare, ascoltare e conoscere. Questa è però la parte esplicativa della storia di cui vi accennavo all’inizio, quindi leggete fino alla fine. Onestamente ero all’oscuro del fatto che negli anni ’60 Brass avesse diretto Alberto Sordi e Jean Louis Trintignant, Franco Nero, Vanessa Redgrave. Genere di film alla Godard. Poi fortunatamente, dico io, ha cambiato virando verso il porno soft. “La mia vita è stata l’essenza del mio cinema. Tutti i miei film e tutte le mie ossessioni: questo sono io”. Lo so, voi penserete subito alla sua ossessione per il posteriore femminile. “Per chi è ateo, agnostico o miscredente è comunque un miracolo della Natura, un piccolo frammento di Universo capace, come le Ninfee di Monet, i Girasoli di Van Gogh, le Bottiglie di Morandi, di dare un senso al non-senso dell’esistenza” si legge nel pamphlet “Elogio del Culo” edito da Tullio Pironti. Che poi se oggi il libro sia introvabile ci sarà un perché.

Nella mostra però quello che mi ha colpito, oltre alle foto di scena di film iconici come “Salon Kitty” e “La chiave”, passando per “Paprika” e i bordelli – altra ossessione – è stato un pannello pieno di Polaroid: attori, attrici, provinanti e la splendida Claudia Koll: sei foto, sei acconciature diverse e sei espressioni dolci, sensuali, voluttuose con quegli occhi che incantano. Da ex pubblicitaria e attenta al mondo della grafica, devo fare gli applausi allo studio Fantasia Type che nel 2020 ha disegnato un carattere tipografico, il BRASS appunto, che si riconduce all’imprinting dei titoli usati per i vari film, ma con una sua identità più o meno velatamente audace ed interpretabile.

Concludo con l’immenso Gigi Proietti, che racconta di quando lavorò con Tinto Brass (“L’Urlo” del 1968 e “Dropout” del 1970) e di un pomeriggio a fine riprese. Entrarono nel sex shop di una famosa catena di negozi tedesca. “Eravamo in un asettico supermarket del sesso, si comprava con i carrelli. Riviste, cremine, protesi particolari (dildo, nda) e tutti andammo via solo dopo aver acquistato qualcosa. Ci siamo divertiti come pazzi. Il sesso era un fatto giocoso.” Faccio un appello ai curatori di questa splendida retrospettiva: vorrei che una mostra del genere fosse itinerante, magari con un passaggio qui a Bologna. Mi raccomando, ci conto.

Nb. Nel caso, mi offro come organizzatrice e ci metto pure i sex toys d’epoca, eh!

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