“Così agli amministratori locali della Sicilia si toglie ulteriormente dignità istituzionale”. A esprimersi così, parlando della possibilità per sindaci e assessori di aumentare le proprie indennità, è l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni. Quello che potrebbe sembrare un cortocircuito comunicativo rappresenta invece la critica più aspra nei confronti di una norma approvata qualche settimana fa dall’Assemblea regionale siciliana ed entrata in vigore il 28 maggio con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale: con un comma, inserito nella legge finanziaria regionale, è stato concesso agli enti locali di adeguare le retribuzioni dei componenti delle giunte comunali e dei presidenti dei consigli comunali, così come disposto per le regioni a statuto ordinario dal Parlamento con la legge di bilancio nazionale varato a fine 2021. In Sicilia, però, l’Ars ha inserito una piccola modifica a quanto previsto da Roma: i maggiori oneri derivanti dagli aumenti degli stipendi non saranno finanziati da un fondo ad hoc – come avviene nel resto d’Italia – ma peseranno sulle casse comunali. E quindi sui cittadini.

“La norma introdotta introduce una gravissima discriminazione a danno degli amministratori locali dell’Isola – dichiara al fattoquotidiano.it Mario Alvano, segretario di Anci Sicilia – Ciò che in ambito nazionale è previsto con risorse statali da noi lo si rimette ai singoli Comuni, alla loro capacità economica. Esponendo così i sindaci al rischio di dover essere additati strumentalmente come coloro che si aumentano gli stipendi”. Per Alvano il rischio concreto è di creare le condizioni per rafforzare il senso di scollamento dei cittadini nei confronti delle istituzioni, e c’è già chi si chiede se per garantire nuovi privilegi dovrà rinunciare alla qualità dei servizi – già oggi spesso scadenti – o vedere innalzarsi i tributi locali. “Nel resto d’Italia per gli amministratori locali, come accade da sempre per le altre cariche istituzionali – aggiunge Alvano – con questo adeguamento è stato riaffermato un principio che valeva già nell’antica Grecia durante l’età di Pericle, nel 400 avanti Cristo. Per indicare il riconoscimento di una indennità a chi ricopriva cariche pubbliche impegnandosi attivamente nella vita politica della polis si parlava di mistoforìa, oggi giorno nei comuni della Sicilia invece si parla di casta“. Scenario che si sarebbe potuto evitare nel caso dell’istituzione di un fondo simile a quello a cui si attingerà per pagare le indennità dei sindaci delle altre regioni a statuto ordinario. “Sfortunatamente non si tratta del primo caso. Abbiamo già assistito a questo perverso connubio tra legislazione nazionale e normativa regionale. Negli ultimi anni si sono verificate esclusioni delle regioni a statuto speciale che, nel caso della siciliano, non hanno trovato alcuna compensazione in ambito regionale”, conclude il segretario di Anci Sicilia.

La nuova legge fissa nuovi parametri per il calcolo degli emolumenti. A incidere sarà ancora il numero di residenti nel Comune amministrato, ma il riferimento da cui si partirà è il compenso spettante ai governatori delle Regioni. Ovvero 13.800 euro lordi. A poter ambire a questa cifra saranno i sindaci delle Città metropolitane, che in Sicilia sono Palermo, Catania e Messina. Dovranno accontentarsi, si fa per dire, dell’80 per cento il sindaco di Siracusa, essendo capoluogo di provincia con più di 100mila abitanti. In questo caso l’indennità passerà da circa 5240 euro a oltre 11mila. Subito dietro ci saranno i sindaci degli altri comuni capoluogo che da meno di 5mila euro vedranno in busta paga la cifra di 9600. Le indennità potranno aumentare – a patto chiaramente di trovare risorse sufficienti nelle casse comunali, considerato l’elevato numero di enti locali che in Sicilia si trova in difficoltà finanziarie – anche per tutti gli altri Comuni: nelle città con oltre 50mila abitanti i sindaci si passerà dai circa 3700 attuali a più di 6mila, mentre lo scaglione subito dopo godrà di un aumento di 1800 euro lordi: l’indennità salirà infatti da poco più di 3mila a oltre 4800 per i primi cittadini dei centri con popolazione residente compresa superiore a 30mila unità. A sorridere saranno anche gli amministratori degli enti con più di 10mila anime – da 2800 a 4100 euro – poco meno spetterà a chi guida comuni con più di 5mila abitanti. L’elenco degli aumenti si chiude con i primi cittadini dei centri tra 3mila e 5mila abitanti, che godranno di stipendi di oltre 3mila euro mentre gli attuali non raggiungono i duemila: e infine i sindaci dei tanti piccoli borghi dell’isola. In questo caso dai circa 1650 mensili lordi ci si spingerà oltre i 2mila euro. “La norma regionale ha reso quelli siciliani sindaci di serie B”, conclude Alvano.

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