“Quando Biden parla di via d’uscita per Putin non intende una vera e propria pace o un accordo. Pensa semplicemente di offrirgli una possibilità di salvare la faccia, cioè consentirgli di esibire un successo politico a casa propria”. Così Francesca Giovannini, esperta di relazioni internazionali all’Harvard Kennedy School di Boston, istituto che forma alti funzionari dell’amministrazione Usa, cerca di chiarire le notizie apparentemente contraddittorie intorno alla guerra in Ucraina. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden che parla appunto di offrire una via d’uscita a Vladimir Putin, mentre il Congresso delibera uno stanziamento di 40 miliardi di aiuti militari ed economici a Kiev e la Finlandia accelera il passo verso l’ingresso nella Nato. Dalla Russia le minacce di ricorso ad armi sempre più devastanti, comprese testate tattiche nucleari, si accompagnano alle prime ammissioni che le cose sul terreno non stanno andando come ci si aspettava. L’obiettivo di Biden è evitare che Putin, messo alle strette, punti all’escalation. Da qui l’offerta di quella che gli americani chiamano “off ramp”, lo svincolo di uscita dall’autostrada.

Ci sono precedenti?
La crisi dei missili russi a Cuba. Gli Usa imposero il blocco navale all’isola, ma intanto Kennedy trattava con Kruscev. Gli propose di fare una dichiarazione pubblica in cui chiedeva agli Usa di ritirare i suoi missili dalla Turchia, cosa che ovviamente gli Usa avrebbero accettato. Così sembrò un successo dell’Urss, ma l’accordo era stato fatto prima.

Quindi la via d’uscita non è necessariamente un accordo di pace?
No. C’è una differenza fondamentale con la crisi dei missili. All’epoca entrambe le potenze ne avevano talmente tanti che toglierne un po’ non cambiava molto. Nel caso dell’Ucraina le concessioni dovrebbero essere territoriali e si creerebbe un gravissimo precedente. La Nato ha già chiarito che non riconoscerò mai la Crimea occupata dalla Russia. Insomma, i margini per trovare la soluzione “salvafaccia” sono veramente stretti. Una possibilità è che si arrivi a un armistizio, che aprirebbe uno scenario di lento logorio.

Sarebbe accettabile per gli Stati Uniti?
Ne discutevamo eri con il segretario di Stato Tony Blinken. Cosa succederebbe se la guerra non finisse, ma diventasse un conflitto a bassa intensità, con schermaglie episodiche, come il Nagorno-Karabakh o il Kashmir? Significherebbe una paralisi dell’economia e degli investimenti che gli Stati Uniti non potrebbero accettare, così come non accetterebbero una soluzione alla coreana – la divisione in due del Paese con un cessate il fuoco, senza un vero accordo di pace – che bloccherebbe qualunque processo politico in Ucraina, compreso l’avvicinamento all’Unione europea. Sono scenari da guerra infinita. Che potrebbero portare Putin ad accelerare con l’uso di armi non convenzionali. Da qui l’idea della “off ramp”, la via d’uscita.

Eppure molti pensano che agli Usa una guerra infinita convenga, dato che indebolirebbe e bloccherebbe il grande nemico.
All’inizio lo pensavo anche io. Ora vedo però che gli Stati Uniti hanno dovuto orientare sul teatro europeo le risorse che avevano puntato sull’indopacifico. Fino a quando non riusciranno a rafforzare la Nato, non potranno riproiettarsi su quell’area. Difficile combattere su due fronti.

Perché è così importante l’indopacifico?
Si tratta di contrastare la Cina e proteggere Taiwan. India e Australia sono fondamentali per contenere Pechino, creando un blocco con Giappone e Corea del Sud.

Ma allora perché stanziare altri 40 miliardi per sostenere lo sforzo bellico ucraino?
Non c’è contraddizione tra offrire una via uscita e continuare a finanziare Kiev. Il Pentagono pensa che comunque l’obiettivo fondamentale è quello di far perdere la guerra alla Russia e indebolirla perché non sia più una minaccia. Certo il logoramento ha le sue controindicazioni per Washington, ma di sicuro è un problema più per l’Europa.

Che è un po’ il vaso di coccio, o no?
L’Unione europea a un certo punto si stancherebbe, non è in grado di sostenere sanzioni di questo tipo a lungo, mentre i russi sì. È Zelensky che insiste per avere il più presto possibile armi e risorse. Secondo alcuni esperti russi un lento logorio finirebbe per avvantaggiare Putin. E non dimentichiamo l’aspetto mediatico.

Che cosa intende?
Negli Stati Uniti la guerra in Ucraina è già scivolata nelle pagine interne dei quotidiani, la Cnn le dà meno spazio di prima… È stata scalzata da notizie che qui hanno suscitato un grande dibattito: la decisione della Corte suprema sull’aborto, la Commissione d’inchiesta sull’attacco a Capitol Hill. E poi si avvicinano le elezioni di mid-term.

Dopo due mesi e mezzo di combattimenti, qual è secondo lei l’obiettivo di Putin?
Secondo me sta cercando una vittoria territoriale. Se riuscisse a prendere Odessa e a conquistare la costa sul Mar Nero, potrebbe rivendicare un successo. Ieri parlavo con uno storico. Sosteneva che Putin potrebbe dire di aver vinto anche con un armistizio o una situazione di logoramento. Perché non avrebbe mai accettato di passare alla storia come il presidente che ha subito l’allargamento a Est della Nato. Si sarebbe sentito un presidente peggiore di Gorbaciov, a cui imputa la caduta dell’Urss, che per lui è la più grande catastrofe del Novecento. Putin sta anche costruendo la propria eredità storica.

Secondo lei come sta andando realmente il conflitto?
Man mano che si protrae, gli ucraini acquisiscono armi sempre più moderne. I russi, invece, continuano a combattere con quello che hanno, quindi con strategie vecchie: bombardamenti a tappeto, bombe al fosforo bianco, magari armi chimiche, superiorità numerica… Io però mi domando: Putin davvero sa come sta andando la guerra? Qualcuno pensa di sì, e che sia convinto di poter vincere aumentando la pressione. Qualcun altro sostiene che non gli dicano proprio tutto, per esempio la vulnerabilità dimostrata dalla flotta navale. Il quadro sta cambiando: gli ucraini sono ora in grado di contrattaccare, di colpire in territorio russo. Tutti scenari che a Mosca non avevano previsto: l’invasione si può trasformare in una guerra di contatto.

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