“L’esito della gara per le antenne 5G nelle aree bianche è per noi esito di notevole preoccupazione”. Anche Italia Viva, per bocca del presidente della Commissione Trasporti della Camera Raffaella Paita, si unisce al coro di timori per lo scarso interesse suscitato dalla gara da 1 miliardo per le reti 5G nelle zone a bassa redditività, una delle due gare per le reti di quinta generazione previste nell’ambito del piano Strategia Italia Digitale 2026, finanziate attraverso il Pnrr che lunedì 9 maggio hanno registrato l’assenza di partecipanti nonostante il finanziamento pubblico al 90 per cento.

“L’insuccesso a cui sono andate incontro le gare rischia di rappresentare un grave ostacolo sia rispetto all’attuazione del Pnrr che rispetto al raggiungimento dell’obiettivo di colmare il divario infrastrutturale tra le varie aree del Paese. Chiediamo per questo al ministro per l’Innovazione tecnologica Vittorio Colao di aiutarci a capire i motivi delle difficoltà riscontrate nelle gare, anche al fine di individuare delle possibili soluzioni”, ha concluso Paita.

Esternazioni in linea con quelle della Lega di mercoledì 10 maggio quando i deputati leghisti in commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni avevano sottolineato come “le condizioni per gli operatori apparivano fortemente favorevoli: la Commissione europea, infatti, aveva previsto un limite per l’incentivo pubblico di ben il 90%. Non si può permettere che interi territori vengano tagliati fuori dalla copertura della banda larga perché troppo importante per l’innovazione del nostro Paese”. E avevano cheisto al ministro Colao di “riferire in commissione Trasporti al fine di un immediato intervento per evitare che la gara a vuoto porti a nuovi divari territoriali, nonché a un mancato uso di risorse a disposizione dell’Italia”.

Analogamente per la Cgil “è inaccettabile: il governo trovi una modalità per connettere tutto il Paese”, come ha detto martedì il segretario confederale Emilio Miceli, sottolineando come il risultato sia arrivato a poche settimane dalla proroga subita dai bandi di gara per le reti 5G e dopo il rinvio dei termini per quelle legate ai piani Sanità e Scuola connessa, “avvenuto per ben due volte. La sensazione, lo abbiamo già ribadito, è che ciò sia dovuto al fatto che si è scelto di trattare la rete di telecomunicazione, struttura portante dell’intero impianto contenuto nelle missioni del Pnrr, come fosse un’opera pubblica inerte, ignorando il fatto che per connettere il Paese, da nord a sud, dalle aree interne alle isole, non è sufficiente posare i cavi per poi metterli a disposizione del mercato”. Per Miceli “il risultato è ancora una volta evidente: nonostante nel caso del 5G il contributo pubblico arrivi addirittura al 90% (per un valore massimo di 974 milioni di euro), gli operatori di tlc hanno abbandonato l’idea di partecipare e deciso di non impegnarsi per coprire zone del paese periferiche, da cui sarebbe difficile ottenere ricavi e profitti. A quanto sembra – aggiunge – il Governo intende dirottare le risorse verso altri progetti”.

A caldo la deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Trasporti e telecomunicazioni, Mirella Liuzzi aveva parlato di “un fallimento spiegabile con l’inadeguatezza del piano presentato dal Governo”, chiedendone conto al governo Draghi. Dal canto suo Colao aveva emanato una nota in cui evidenziava come “nonostante il Governo abbia fatto il massimo sforzo possibile per coprire il digital divide nelle aree più remote, non hanno invece ricevuto offerte i 6 lotti relativi alla densificazione delle aree 5G a fallimento di mercato per le quali erano previsti finanziamenti pubblici pari al 90% dell’investimento, autorizzati con la più alta percentuale di sussidio pubblico mai concesso dalla Commissione europea per il settore delle reti mobili”. Per l’ammontare relativo a questa componente di gara, Colao aveva anche annunciato che nelle prossime settimane “si valuteranno diverse possibilità di impiego e i relativi tempi”.

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