Si aspettava solo la fine dei lavori di manutenzione e poi era pronto a salpare in fretta e furia, probabilmente direzione Dubai. Il bacino della società privata che lo ospita nel porto di Marina di Carrara era stato già riempito d’acqua, a conferma della partenza imminente. Ma prima che lo Scheherazade, lo yacht di 140 metri dal valore di 700 milioni di dollari che si sospetta essere di Vladimir Putin, potesse prendere il largo, è arrivato il decreto di congelamento firmato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Il sequestro è avvenuto nella serata di venerdì 6 maggio: il provvedimento era nell’aria da tempo ma la sua attuazione era tutt’altro che scontata dal momento che il panfilo risulta ufficialmente intestato ad una società con sede alle Isole Cayman e ha come “beneficial owner” Eduard Khudaynatov, presidente di una società petrolifera russa che al momento non risulta ancora inserito nella lista delle sanzioni dell’Unione europea. Per questo, secondo alcuni retroscena, il blocco è stato possibile solo grazie ad una “azione personale” del presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha dato una svolta alle indagini che il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza stava conducendo con la collaborazione anche dei servizi segreti italiani.

Il decreto governativo che ha fatto scattare il sequestro non fa il nome del beneficiario ma parla chiaramente della “presenza di significativi collegamenti economici e di affari della persona che ne ha la disponibilità, anche come titolare effettivo, con elementi di spicco del governo russo e con altri soggetti compresi nella lista di cui all’allegato I del Regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”, come si legge nella nota del Ministero dell’Economia.

L’imbarcazione era da tempo all’attenzione delle autorità competenti. La proprietà, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbe infatti formalmente riconducibile all’ex presidente di Rosneft e proprietario di Villa Altachiara, la residenza sul promontorio di Portofino dove morì la contessa Francesca Vacca Agusta, l’oligarca Eduard Khudaynatov appunto, il cui nome al momento è fuori dalla lista Ue degli oligarchi sottoposti a sanzioni. Ora, sulla base degli elementi accertati dalla Guardia di Finanza – spiega ancora la nota del Ministero dell’Economia – “il Comitato di sicurezza finanziaria ha proposto al Consiglio dell’Unione europea l’inserimento di tale soggetto nella suddetta lista. Su proposta dello stesso Comitato, il Ministro dell’economia e delle finanze, Daniele Franco, ha adottato il decreto di congelamento dell’imbarcazione Scheherazade, nelle more dell’adozione della misura restrittiva proposta all’Unione europea dallo stesso Comitato di sicurezza finanziaria”.

Lo Scheherazade era fermo nel porto di Marina di Carrara dal settembre scorso, perché sottoposto ad una serie di lavori di manutenzione e ammodernamento nel cantiere di una società privata dal costo di circa sei milioni di euro. Inizialmente era previsto che sarebbe stato pronto a salpare entro la metà di giugno. Tuttavia, martedì è stato messo in acqua e secondo il New York Times era iniziato il rifornimento di acqua e carburante mentre un ex membro dell’equipaggio ha affermato che potrebbe essere pronto a mollare gli ormeggi immediatamente, dopo esser stato sottoposto a prove in mare per verificarne l’equipaggiamento. Per questo nelle scorse ore i timori di una sua fuga si erano fatti sempre più concreti, con Maria Pevchikh, investigatrice del team di Navalny, che aveva puntato il dito contro il governo italiano incalzando: “Perché non ci hanno contattati?“. La risposta ora è evidente: perché Draghi si stava già muovendo per il congelamento.

A chiamare lo Scheherazade “lo yacht di Putin” erano stati inizialmente alcuni membri dell’equipaggio: quindi, un’inchiesta del New York Times che citava fonti d’intelligence Usa aveva portato ulteriori conferme. A dare definitivamente per assodato il legame tra il panfilo e il presidente russo era stato poi il Team Navalny, la fondazione che fa capo al dissidente russo in carcere. L’imbarcazione ha un valore stimato di settecento milioni di dollari – 10.167 tonnellate di stazza, sei piani, una spa, piscina, due eliporti, un camino a legna e un tavolo da biliardo progettato per inclinarsi in modo da ridurre l’impatto delle onde, oltre a ogni genere di lusso a bordo – è l’unico dei 14 yacht sopra i 140 metri di lunghezza esistenti al mondo di cui non si conosca l’effettivo proprietario.

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