Appelli alla Casellati, sedute di commissioni saltate, pressione (quasi) unanime per rimuoverlo dalla poltrona che non vuole lasciare: il caso di Vito Petrocelli continua a monopolizzare l’agenda politica italiana, specie dopo che il senatore espulso dal M5s a causa del suo tweet filorusso sul 25 aprile non ha lasciato la presidenza della Commissione Esteri nonostante le richieste dei partiti di maggioranza e opposizione. Durante la riunione odierna dei capigruppo, infatti, tutte le forze politiche – compresa Fdi – hanno contattato gli uffici della presidente del Senato per chiedere un incontro nel più breve tempo possibile per verificare le condizioni per risolvere la questione. Il tutto dopo che è stata sconvocata la seduta congiunta delle commissioni Esteri e Giustizia che si sarebbe dovuta tenere alle 14.30 a Palazzo Madama: all’ordine del giorno era previsto il seguito dell’esame congiunto del ddl ‘Ratifica Protocollo addizionale Convenzione criminalità informatica su razzismo e xenofobia’.

Per sbloccare l’impasse, dall’interno della commissione si ipotizza di fare come nella XIII legislatura con il senatore Renzo Gruber: “Fu rimosso dal suo gruppo parlamentare e spostato in un’altra commissione, facendolo in tal modo decadere automaticamente dalla sua carica elettiva di vicepresidente di commissione” ha detto un membro dell’organismo parlamentare, secondo cui “sia il gruppo Cinque Stelle che la stessa Presidente Casellati dovrebbero valutare quel caso per restituire dignità e autorevolezza alla commissione Affari Esteri del Senato”. Le critiche a Petrocelli del resto, hanno avuto il merito di superare ogni tipo di divisione politica: “Va dimissionato, ci sono diversi precedenti che confermano la piena fattibilità” dell’opzione ha detto Adolfo Urso, capogruppo Fdi in commissione Esteri, secondo cui “Petrocelli con il suo comportamento vuole sbeffeggiare le Istituzioni democratiche perché anche questo fa parte della strategia dei sistemi autoritari, che lui più volte ha esaltato nel corso della sua presidenza. Che lo faccia condividendo persino l’azione di sterminio della Russia in Ucraina è davvero vergognoso. Non possiamo consentirlo. Si agisca subito”. Non più tenero Andrea Marcucci del Pd: “Se non si trovano altre possibilità regolamentari per farlo decadere, i senatori devono disertare i lavori della commissione Esteri. Non possiamo avere un Presidente filo Putin”. Più pacata la presa di posizione di Simona Malpezzi, capogruppo dem a Palazzo Madama: “Siamo molto preoccupati per il fatto che una Commissione così importante non riesca a lavorare: noi continuiamo a dire che debbono essere percorse tutte le strade possibili per aver un presidente che sia all’altezza della situazione”. Per il Pd si deve valutare anche l’ipotesi di “spostarlo dalla Commissione“: “La presidente del Senato – ha concluso Malpezzi – sa che c’è una Commissione che non riesce a lavorare, c’è il regolamento che deve dirci, interpretandolo, che cosa dobbiamo fare”.

A difendere il senatore che non vuole lasciare la poltrona ci sono, tuttavia, due ex colleghi di partito: “Come presidente della Commissione Esteri è stato estremamente equilibrato, ha sempre portato avanti le istanze di tutti. Che si valuti questo prima di assumere qualsiasi azione” ha detto il senatore Alberto Airola, secondo cui Petrocelli ha sempre agito “con la massima correttezza istituzionale. Da presidente non possiamo accusarlo di nulla”. “Credo che Petrocelli non debba dimettersi, finora ha svolto il suo ruolo egregiamente, con dignità e onore, quindi deve continuare a fare il presidente, deve andare avanti” ha aggiunto è il senatore Mauro Coltorti, per il quale il tweet che ha portato all’espulsione di Petrocelli dal Movimento, comunicata domenica da Giuseppe Conte sempre via Twitter, “è stato sì infelice, ma vogliamo forse negare che in Ucraina ci sono dei battaglioni filo-nazisti? Non credo questo si possa negare”. Nel frattempo, il processo di espulsione di Petrocelli dal Movimento va avanti, come specificato dal presidente Giuseppe Conte: “Della questione ne parleremo anche se abbiamo già deciso. L’espulsione non risolve il problema della presidenza della Commissione Esteri? Come sa le dimissioni dalla Presidenza non dipendono da noi” ha detto l’ex premier, che poi ha sottolineato che stanno “completando la procedura” di espulsione.

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