La telefonata tra il capo del Pentagono e il ministro della Difesa cinese forse potrà sciogliere un po’ la tensione per qualche tempo, anche se a dire il vero le posizioni sono rimaste immutate. Ma di certo non basta. La tensione tra Stati Uniti e Cina resta alta e resta concentrata naturalmente su Taiwan, l’altra partita geopolitica che – mentre infuria la guerra di Putin in Ucraina – preoccupa la comunità internazionale. Tra moniti contrapposti sul conflitto nell’Est Europa e le provocazioni militari di Pechino, la riprova è arrivata proprio ieri quando mentre finalmente il capo del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa della Repubblica Popolare Wei Fenghe si sentivano al telefono, 11 jet militari di Pechino hanno effettuato un’incursione nel cosiddetto ” spazio di identificazione di difesa aerea” di Taiwan. Una prova di forza, secondo i dati del ministero della Difesa taiwanese, che ha visto schierati anche due bombardieri H-6 che hanno volato molto vicino al confine di sudovest costringendo Taipei a far decollare i suoi jet.

La conversazione telefonica tra Austin e Fenghe è stata la prima dall’insediamento dell’amministrazione Biden e ha rotto un’impasse di comunicazione che Washington vedeva con crescente preoccupazione a causa dell’alleanza tra Pechino e Mosca sullo sfondo della guerra in Ucraina. Per oltre un anno il segretario alla difesa aveva tentato di parlare col generale Xu Qiliang, l’ufficiale più alto in grado nella struttura del partito comunista, in quanto vicepresidente della Commissione militare centrale, organo di vertice delle forze armate con a capo il presidente Xi Jinping. In passato era una prassi consolidata, ma questa volta Pechino ha insistito per il rispetto del protocollo e quindi per un contatto tra parigrado.

L’obiettivo degli Usa era di riprendere il dialogo, ribadendo il messaggio di Joe Biden nella video chiamata a Xi del 18 marzo, in cui il presidente americano aveva minacciato severe conseguenze se Pechino fornirà assistenza militare o economica a Mosca nel conflitto in Ucraina. Austin ha inoltre ricordato l’importanza di gestire la competizione strategica Usa-Cina, anche nei campi nucleare, spaziale e cyber, migliorando i canali di comunicazione nelle crisi. Il ministro della Difesa americano, infine, ha ribadito le preoccupazioni di Washington per le provocazioni militari di Pechino contro Taiwan e per le attività di Pechino nel mare cinese meridionale orientale. Ma la telefonata, durata 45 minuti, è diventata un burrascoso colloquio ad alta tensione, stando al resoconto di Pechino.

La Cina ha ribadito un concetto a lei caro agli Stati Uniti cioè quello di “astenersi dall’utilizzare la questione ucraina per diffamare e incastrare o esercitare pressioni su Pechino attraverso le minacce”, respingendo qualsiasi accostamento tra Kiev e Taiwan, l’isola che rappresenta la vera linea rossa dei rapporti bilaterali. Pechino la considera parte “inalienabile” del suo territorio da riunificare anche con l’uso della forza, se necessario. “È una parte inseparabile della Cina, un fatto e uno status quo che nessuno può cambiare” e “se la questione non sarà adeguatamente gestita avrà un impatto destabilizzante sulle relazioni tra i due Paesi”, ha messo in guardia Wei.

Il monito arriva dopo che Pechino ha assicurato che aumenterà il “coordinamento strategico” con Mosca – ribadendo quindi “l’amicizia senza confini” suggellata da Vladimir Putin e Xi ai Giochi invernali cinesi – e ha siglato un accordo di sicurezza con le isole Salomone, potenziale preludio di una base militare del Dragone nell’arcipelago a nord-ovest dell’Australia: un’intesa che sembra una risposta ad Aukus (la Nato del Pacifico di Usa, Gran Bretagna e Australia per contenere la Cina) e che potrebbe minacciare l’equilibrio di potere in una regione cruciale per i traffici marittimi.

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