Ci sono sobborghi di Kiev ridotti ormai in macerie. Bucha, Irpin e altre cittadine intorno alla capitale dell’Ucraina sono state completamente distrutte dal fuoco russo. A Borodyanka decine di civili hanno perso la vita in quello che a tutti gli effetti è stato un attacco contro le aree residenziali. Il centro invece è ancora intatto ma è completamente spettrale e non solo di sera e di notte a causa del coprifuoco. Anche durante la giornata, il silenzio è tombale: metà degli abitanti se ne sono già andati, l’altra metà è rintanata in casa o nei rifugi fra speranze (poche) di una rapida conclusione del conflitto e paure (molte) che anche le aree più esclusive possano finire sotto tiro.

Eppure, nel cuore di un’Ucraina alle corde ma non ancora sottomessa c’è chi non ha perso la voglia di vivere e usa l’arma dell’ironia per scacciare gli incubi. “Qui da noi non ci si ferma mai. Se chiudiamo, significa che il nostro nemico ha già vinto la sua battaglia”. Il Buena Vista Social Bar era uno dei ritrovi cult della Capitale: musica, cocktail, tanti giovani ma in quello stile un po’ retrò tipico dei locali in salsa cubana. A due passi dalla cattedrale di Santa Sofia, patrimonio dell’Unesco e cuore pulsante di quell’Ucraina che affonda le sue radici nella Rus di Kiev, ogni giorno – in piena guerra e sotto i bombardamenti – si danno appuntamento militari, volontari della resistenza, giornalisti e qualche sparuto avventore, che non rinunciano ad un bicchiere nemmeno durante l’allarme aereo. “Abbiamo deciso di rimanere aperti per lanciare un messaggio: non saranno i missili ed i carri armati a fermarci”. Max è il proprietario: gioviale, sorridente, ottimo inglese, l’umore è buono nonostante il pericolo. “Il nostro è un luogo dove si crea socialità, dove si mangia, si beve, si ascolta musica e si sta assieme e adesso, in questo clima surreale, è ancora più importante dimostrare la nostra fratellanza”.

Ma il Buena Vista in queste due settimane è diventato qualcosa di più che non un semplice luogo di ristorazione: la sua sala underground è infatti il nascondiglio per la popolazione del quartiere, che ha scelto questo posto insolito per ripararsi in caso di attacco. “I rifugi pubblici sono in buona parte dismessi: oltre alla metropolitana e a qualche garage sotterraneo non c’è nessun altro luogo dove andare e allora meglio venire qui da noi. Non avrei mai immaginato che il mio locale potesse fornire riparo dalle bombe ma ormai dobbiamo fare di necessità virtù”.

Le guerre mediaticamente vivono anche di simboli: da Tienanmen al conflitto in Ucraina sono stati immortalati diversi cittadini che provavano a fermare i tank con i loro corpi. In Velyka Zhytomyrska, invece, a sbarrare la strada ai carri armati ci penserà il pianoforte: “Proprio qui di fronte a noi i soldati stavano allestendo il check point e allora non ci ho pensato un attimo. Lo so che uno strumento musicale non fermerà la guerra ma l’arte e la musica dovrebbero essere l’antidoto più efficace contro ogni conflitto”. La zona per ora è rimasta immune dall’invasione perché i russi sono ancora a una quindicina di chilometri dal centro ma l’avanzata potrebbe essere questione di giorni. Nel frattempo Max continua a preparare i suoi piatti, “anche se è sempre più difficile trovare prodotti freschi e bisogna arrangiarsi. Nel frattempo non possiamo più servire alcolici a causa della guerra, ma un bicchierino sotto banco non ce lo toglie nessuno”.

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