Milioni le vittime del conflitto che avranno bisogno di assistenza e protezione, fuori e dentro l’Ucraina. A prendere le misure della crisi umanitaria è l’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Intervistata da ilfattoquotidiano.it, la rappresentante per l’Italia, Chiara Cardoletti, parla di un’esodo che per rapidità non ha precedenti nell’esperienza dell’Agenzia ONU, da affrontare senza escludere situazioni di “esilio protratto” e lavorando da subito per aiutare i rifugiati a rendersi indipendenti. All’orizzonte la sfida di un’Unione europea finalmente capace di condividere responsabilità e gestione di flussi come mai prima d’ora.

Quali sono oggi i numeri dell’emergenza?
Stimiamo che nei prossimi mesi più di 4 milioni di rifugiati dall’Ucraina potrebbero aver bisogno di protezione e assistenza nei paesi vicini. Contestualmente, le Nazioni Unite hanno valutato che 12 milioni di persone all’interno dell’Ucraina avranno bisogno di assistenza e protezione. Per rispondere a questi scenari sono stati elaborati piani di emergenza con i partner dell’ONU per intervenire anche per grandi numeri di persone in fuga all’interno o all’esterno del paese.

Quale orizzonte temporale dobbiamo considerare quando accogliamo persone che scappano da una guerra?
Nonostante l’esperienza che l’UNHCR ha maturato in oltre 70 anni di crisi di rifugiati in tutti continenti, raramente abbiamo visto un esodo rapido come questo. Quasi 1 milione e 800 mila rifugiati hanno già attraversato i confini internazionali in poco più di una settimana, e questo numero continua ad aumentare. La maggior parte si è rifugiata in Polonia, poi in Ungheria, Moldavia, Romania, Slovacchia, mentre altri hanno proseguito in direzione di altri Paesi europei. In Italia, a oggi 8 marzo, sono arrivate almeno 17mila persone, per lo più viaggiando in autobus, furgoni o con veicoli privati. Siamo ai valichi di frontiera di Fernetti e Tarvisio per dare assistenza a chi sta arrivando.

Ci si aspetta che la maggioranza degli ucraini desideri rimanere nei paesi limitrofi. È uno scenario compatibile con le capacità di accoglienza degli Stati confinanti?
E’ una convinzione che si basa su elementi concreti. Nel mondo il 73 per cento dei rifugiati in fuga dal proprio paese si ferma nelle nazioni confinanti, in virtù della speranza di poter rientrare appena le condizioni lo renderanno possibile. E lo stesso sta accadendo nella regione interessata da questa crisi, dove i governi di Polonia, Ungheria, Moldavia, Slovacchia e Romania hanno mantenuto i confini aperti ai rifugiati ucraini e accelerato le procedure di frontiera. Noi stiamo aiutando questi paesi a stoccare gli aiuti umanitari, stiamo distribuendo beni di prima necessità, valutando la fattibilità della distribuzione di contanti a coloro che ne hanno bisogno, sostenendo la diffusione di informazioni, consulenza e sostegno psicosociale e il coordinamento generale degli attori coinvolti, a sostegno delle autorità nazionali. Fino ad ora la solidarietà internazionale è stata intensa e commovente, inclusa la grande generosità delle persone comuni, che in questi paesi si stanno prodigando con ogni mezzo e risorsa a disposizione per dare conforto a chi arriva stremato e impaurito. Ma solo la pace può porre fine a questa immensa tragedia umanitaria.

Le diaspore ucraine nei paesi Ue sono molte e numerose. Ma quale affidamento è corretto fare sulla capacità di amici e parenti di sostenere chi sta arrivando?
In Italia vivono già almeno 230mila persone di nazionalità ucraina e ci aspettiamo che alcuni rifugiati cercheranno di raggiungerle, specialmente se si tratta di familiari. È necessario garantire che chi arriva possa trovare protezione e ricevere il sostegno necessario, anche nel caso in cui voglia ricongiungersi a parenti e familiari. Abbiamo solida fiducia nelle autorità italiane, vista l’importante esperienza nell’accoglienza di chi fugge dalle guerre e la grande tradizione di solidarietà, anche con i paesi che ospitano un gran numero di rifugiati, attraverso soluzioni come il reinsediamento ed i canali sicuri complementari ed il ricongiungimento familiare.

La guerra sta dividendo le famiglie tra quanti fuggono e chi resta a combattere. Chi sono oggi le persone che accogliamo e quali le fragilità da considerare?
Arrivano principalmente donne con bambini e persone anziane. In situazioni di migrazioni forzate di massa le donne e le ragazze sono a maggiore rischio di violenza di genere, e sono più vulnerabili ai rischi di sfruttamento e abuso, compresa la tratta. Stiamo anche monitorando la questione della separazione familiare, dato che i maschi sopra i 18 anni non possono lasciare il paese, e lavoreremo con i partner, come il Comitato internazionale della Croce Rossa e le società della Croce Rossa, per rintracciare le famiglie e riunirle, quando possibile. La salute mentale e il supporto psicosociale saranno anche un’area di priorità, dato che molti minori sono stati testimoni diretti di ostilità attive e hanno vissuto un trauma.

La protezione temporanea accordata dall’Unione europea comporta assistenza sanitaria, diritto all’istruzione, accesso al mercato del lavoro. Quali sono le priorità e quale la strategia da seguire nel medio periodo?
La decisione dell’Unione Europea di offrire protezione temporanea ai rifugiati in fuga dall’Ucraina assicurerà protezione immediata nell’Unione agli ucraini e ai cittadini di paesi terzi con lo status di rifugiato o residenti permanenti in Ucraina, e questo nell’immediato è molto importante. Molti Stati membri dell’Ue hanno già dimostrato grande solidarietà e la decisione di ieri la rafforza maggiormente. Auspichiamo che questa solidarietà possa continuare per tutto il tempo che sarà necessaria. Purtroppo, al momento, niente fa presagire che questa crisi terminerà in tempi brevi.

Parlare di integrazione è improprio nel caso di questo esodo?
Nessuno sceglie di diventare rifugiato e i rifugiati vogliono tornare a casa. Purtroppo la storia ci insegna che molti conflitti durano a lungo, generando quelle che chiamiamo situazioni di esilio protratto. Fino a che tornare a casa non sarà possibile, è opportuno mettere in funzione tutti i meccanismi che agevolino l’integrazione dei rifugiati. I benefici per tutti sono innegabili. I rifugiati raggiungeranno l’indipendenza e contribuiranno alla società che li ospita.

L’Ue ha deciso che ai profughi di paesi terzi si potrà applicare la protezione temporanea europea o quella prevista dalla normativa nazionale, che ha tempi più lunghi ed esito incerto in molti Stati membri. Quali i rischi?
Sosteniamo l’accesso alla sicurezza per tutti, indipendentemente dallo status legale, dalla nazionalità e dalla razza, così come l’accesso all’asilo per tutti coloro che vogliono chiederlo. Non ci devono essere discriminazioni contro nessuna persona o gruppo. La decisione dell’Ue comporta anche che gli Stati membri potranno offrire protezione temporanea ai cittadini di paesi terzi con residenza legale in Ucraina che non sono in grado di tornare a casa, e agli apolidi.

Sulle altre frontiere dell’Unione l’accoglienza di chi scappa dalle guerre è tutt’altro che scontata, come nel caso dei respingimenti sulla rotta balcanica denunciati anche dall’UNHCR. Cosa può insegnare la crisi ucraina?
Bisogna accogliere i rifugiati, da qualsiasi paese provengano. Gli obblighi di diritto internazionale prevedono che gli stati accolgano chi fugge e garantiscano loro la possibilità di fare domanda di protezione internazionale. L’Europa deve imparare che quando eventi drammatici costringono persone a fuggire, è importante agire insieme, condividendo le responsabilità di accoglienza e gestione dei flussi di rifugiati. Solo così possono essere onorati i valori di solidarietà e umanità su cui l’UE si fonda.

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