La procura di Napoli ha disposto un sequestro, eseguito dalla Guardia di finanza, dal valore di 83 milioni di euro ai danni di un consorzio che opera nel settore edile. La misura arriva a seguito dell’esecuzione di un sequestro di crediti d’imposta fittizi, relativi al Superbonus 110%: a dare inizio all’indagine è stata un’analisi di rischio dell’Agenzia delle Entrate riguardo la pertinenza del Superbonus 110%, previsto dal Decreto Rilancio.

Dall’indagine è emerso che il consorzio napoletano avrebbe percepito il bonus proponendosi come general contractor per eseguire lavori, non avviati, per soggetti privati collocati in modo sparso in tutta la penisola: i crediti fittizi, il cui valore ammonta a circa 110 milioni di euro, erano stati concessi al consorzio tramite lo sconto in fattura, per essere poi in parte monetizzati con la cessione a intermediari finanziari.

La truffa sarebbe stata realizzata tramite la produzione di documenti fiscali e tecnici che attestavano uno stato di avanzamento dei lavori, mai cominciati, con una percentuale superiore al 30%: alla documentazione sarebbe stata aggiunto un visto di conformità eseguito da consulenti fiscali e un visto di asseverazione da parte di geometri professionisti. Alcuni dei geometri si sono dichiarati totalmente estranei ai fatti quando sono state eseguite perquisizioni domiciliari e locali lo scorso gennaio: per i professionisti la documentazione esibita dal consorzio sarebbe falsa, così come le proprie firme.

Era stata emessa una misura cautelare d’urgenza del sequestro dei crediti lo scorso gennaio, per frenare la truffa il più velocemente possibile: contestualmente, sono state eseguite perquisizioni in modo da permettere ai cittadini, a loro insaputa coinvolti, di adottare misure di tutela dei propri interessi. Molti dei soggetti privati coinvolti, dopo aver dichiarato la loro completa estraneità ai fatti, hanno deciso di querelare il consorzio in questione. Infine è stato emesso un decreto di sequestro preventivo d’urgenza degli 83 milioni di euro, il profitto del reato, da eseguire sui conti correnti degli indagati.

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