Ogni nuova Ferrari stradale che nasce, è una festa a prescindere. Ma nel caso della 296 GTB c’è pure un altro motivo per alzare i calici: quello di un paradigma automobilistico che cambia, adattandosi alla moda dell’elettrone e tuttavia “ingabbiandola” in un progetto funzionale alla storia e alla cultura di un marchio che continua ad appassionare milioni di persone nel mondo da oltre 70 anni.

Il nome 296 GTB, innanzitutto, sta a indicare la cilindrata (2.9), il numero di cilindri del motore (6) e il fatto che si tratta di una Gran Turismo Berlinetta. Che propone un coacervo di tecnologie e novità, su tutte l’utilizzo inedito per l’appunto di un V6 (sistemato in posizione posteriore-centrale), che va ad aggiungersi ai già pluripremiati motori 8 e 12 cilindri di Maranello ed è stato opportunamente “ibridizzato” con l’aggiunta di un propulsore elettrico. Si tratta della terza vettura ibrida di casa Ferrari, ma la prima con due ruote motrici.

La scelta di un powertrain ibrido plug-in, tuttavia, non deve far pensare a un passo indietro dal punto di vista delle prestazioni. La Stella Polare è sempre e comunque il concetto di “fun to drive”, ovvero divertimento alla guida, imprescindibile per ogni auto che abbia il Cavallino sul cofano. Concetto che trova la sua declinazione al volante, e che anzi può diventare “facile da guidare al limite”, grazie alla sapiente modulazione nella risposta dei comandi e ai tanti accorgimenti tecnici. Come ad esempio la leggerezza, grazie all’uso a profusione di alluminio e carbonio.

Ma rimaniamo sul powertrain, il perno attorno cui gira tutto. Il V6 turbo (con inclinazione di 120°) sviluppa 663 cavalli, come detto è il primo 6 cilindri della storia per una Rossa stradale ed è accoppiato a un motore elettrico che ne eroga altri 167: la potenza complessiva del sistema arriva a 830 cavalli. C’è anche la possibilità di viaggiare in modalità completamente elettrica per 25 chilometri, ma paradossalmente questo passa in secondo piano: tutta la tecnologia di ibridizzazione concorre all’ottimizzazione del sistema e al raggiungimento delle massime performance sia in termini di sportività che di consumi ed emissioni. Quanto alle prime, colpiscono sia lo scatto da zero a cento orari in 2,9 secondi, che diventano 7,9 per arrivare ai 200 all’ora, sia la velocità di punta, che supera i 330 chilometri orari.

Ma i numeri sarebbero vuoti se non raccontassero una storia. Come quella del “piccolo V12”, come lo chiamano a Maranello, che regala anche un sound inconfondibile grazie al lavoro sapiente fatto su condotti delle turbine e scarichi: il risultato è un ruggito ben più corposo rispetto a quanto ci si aspetterebbe. Una suggestione a cui segue l’emozione di un motore che letteralmente non “finisce” mai, quando ti trovi sul misto e sui saliscendi e gli chiedi sempre di più, così come quella di un’auto piantata a terra grazie a telaio, baricentro basso e taratura pressoché perfetta delle sospensioni. Con il plus del passo corto che facilita la stabilità negli inserimenti in curva anche alle alte velocità, con retrotreno che rimane sempre allineato. La meravigliosa sensazione, insomma, che per quanto ci si trovi al limite l’auto non si scompone mai.

Certo, la sostanza è anche dovuta alla forma. Nel senso che l’aerodinamica gioca un ruolo importante e l’ottimizzazione dei volumi è funzionale sia alle prestazioni che al design. Un esempio? Lo spoiler nascosto sopra il lunotto, che viene fuori alle alte velocità regalando deportanza ed eleganza. Eleganza declinata anche nell’abitacolo compatto, ritagliato com’è logico che sia intorno al posto di guida e all’ interfaccia full-digital introdotta sulla SF90 Stradale. Ma anche qui l’attenzione, che qualcuno potrebbe definire minimal (nell’accezione positiva del termine), è per pulizia delle linee, qualità dei materiali e assemblaggio. Non potrebbe essere altrimenti per un oggetto particolare ed esclusivo come questo. Anche nel listino, che parte da 269 mila euro per arrivare ai 302 mila della versione super sportiva Assetto Fiorano.

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