Pubblichiamo una versione ridotta del paper di Andrea Ballabio, Donato Berardi, Antonio Pergolizzi e Nicolò Valle del Laboratorio Ref Ricerche sul Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti.

Il PNRR individua due grandi riforme per il settore dei rifiuti: la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare e il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti – PNGR. Si tratta di interventi riformatori sui quali si punta per arrivare alla svolta – tante volte evocata – del sistema rifiuti. Anche perché, mancano ingenti investimenti in infrastrutture, considerando che su 200 miliardi di euro a disposizione solo 2 saranno dedicati alla gestione dei rifiuti. L’iter che porterà all’adozione del PNGR dovrebbe concludersi con l’inizio dell’estate, dopo che il MiTE farà l’ultimo intervento. Nell’attesa, lo stesso Ministero ha pubblicato un Rapporto Preliminare Ambientale contenente interessanti considerazioni. Ma quali sono gli obiettivi? Il PNGR ne include diversi.

Il Rapporto Preliminare Ambientale del PNGR

Un compito del PNGR è quello di individuare criteri generali che consentano di perimetrare macroaree – la cui creazione è demandata ad accordi tra le Regioni – nell’ambito delle quali razionalizzare gli impianti. L’idea è che queste macroaree possano diventare il riferimento di area vasta nell’ambito della quale concretizzare i principi di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e di prossimità del recupero. Tutto ciò, evidentemente, in deroga o in subordine rispetto a quanto che potrà essere previsto nelle pianificazioni regionali.

L’indicazione è quella di fare riferimento alle aree del cosiddetto “Sblocca Italia” (Art. 35, comma 1, D.L. 133/2014): Nord, Centro, Sud Insulare, Sardegna, Sicilia. Al contempo, la valutazione del fabbisogno impiantistico dovrà essere allineata con gli obiettivi specifici contenuti nel PNRR. Il PNGR dovrà poi individuare i flussi di produzione dei rifiuti che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero. Tra queste vi sono i rifiuti urbani residui e quelli organici.

Infine, vengono individuate tre filiere strategiche per l’economia circolare, con annesse indicazioni d’azione: i Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), i rifiuti da Costruzione e Demolizione (C&D) e i rifiuti tessili.

Il parere della Commissione tecnica di VAS

Il PNGR dovrà tenere in considerazione quanto espresso dalla Commissione Tecnica di Valutazione Ambientale VIA VAS del MiTE lo scorso gennaio. Innanzitutto, la Commissione richiama l’attenzione sulla necessità di essere più incisivi nella prevenzione e nella riduzione nella produzione dei rifiuti, con la richiesta di introdurre azioni concrete e misurabili. Tra le altre, si ha migliorare la durabilità dei prodotti e combattere l’obsolescenza programmata, incentivare lo scambio di beni destinati altrimenti ad essere classificati come rifiuti e la possibilità di prevedere sistemi di cauzione-rimborso.

Secondo la Commissione, la declinazione territoriale associata al principio di autosufficienza impiantistica dovrebbe essere regionale per le seguenti frazioni di rifiuto: rifiuti organici, urbani misti e da trattamento delle frazioni riciclabili. La posizione espressa dalla Commissione potrebbe essere interpretata con la volontà, più che condivisibile, di rafforzare la dotazione infrastrutturale impiantistica, obbligando anche le Regioni deficitarie ad accelerare. Tuttavia, la perimetrazione territoriale ristretta, prendendo unicamente come riferimento il confine regionale, rischia di porsi in conflitto con il quadro normativo e regolatorio in essere, specialmente per la frazione organica.

In questo senso, allora, un’interpretazione meno stringente del parere della Commissione si lega ad un passaggio successivo, dove si rileva che rimarrebbe basata su una perimetrazione d’area l’impiantistica che implica economie di scala, sulla base dei volumi di rifiuti originati. Ne consegue, dunque, che in caso di impianti a tecnologia complessa come i digestori anaerobici e i termovalorizzatori, laddove economie di scala possono essere raggiunte con una taglia “ottimale” degli impianti, i fabbisogni dovrebbero essere valutati secondo logiche di macroarea.

La Commissione invita, infine, a prestare maggiore attenzione ai rifiuti speciali. Tra le altre cose, occorrerebbero iniziative su diversi versanti: prevenzione, indicazione di criteri per individuare le aree non idonee ad accogliere impianti di smaltimento, misure volte a favorire uno smaltimento in prossimità ai luoghi di produzione, linee attuative per la realizzazione di nuovi impianti che soddisfino le esigenze regionali, una stima del fabbisogno impiantistico.

Quale Programma aspettarsi per la gestione dei rifiuti?

Pur trattandosi di un documento preliminare, il giudizio generale su quanto reso disponibile sin qui per il Programma appare positivo, quanto meno negli intenti generali, ma non sufficiente vista l’importanza di un documento strategico che dovrebbe avere l’ambizione di indicare le condizioni per raggiungimento dei target comunitari di riciclo e di riduzione del conferimento in discarica.

Indubbiamente, i rilievi sollevati dalla Commissione MiTE sembrano suggerire un netto cambio di passo, almeno nelle attese sui contenuti nel documento finale. Tuttavia, rimangono alcune importanti questioni aperte, a partire dalla definizione dei fabbisogni impiantisti delle frazioni critiche. Oltre che forti disparità fra Regioni con alcune particolarmente efficienti (Lombardia e Emilia-Romagna) ed altre che denotano importanti deficit (Lazio e Campania). Quindi, il Programma potrà certamente offrire le risposte e l’impulso a molte questioni e avere un ruolo importante di coordinamento delle pianificazioni regionali. Ma per fare questo, con probabilità, non potrà limitarsi a mere raccomandazioni, ma dovrà dotarsi di una strategia, con tempi certi e percorsi cogenti. Ovvero di ciò che sin qui è mancato.

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