Un trend delle precipitazioni negativo, probabilmente peggiore del biennio 2016-17, e torna l’allarme siccità. Tra il caldo estremo della scorsa estate, con i quasi 49 gradi centigradi registrati l’11 agosto nel Siracusano, e un aumento dei giorni senza piogge, passati da 40 a oltre 150, gli effetti iniziano a essere visibili e fanno scattare l’alert degli esperti. Dal Po al distretto del Tevere, i fiumi sono in crisi gravissima di risorsa, mentre al Sud e nelle isole l’aumento di aree in aridità è ormai costante come lo stato di severità idrica. L’sos è stato lanciato nel corso di un incontro al quale hanno partecipato i massimi esperti italiani di clima, acque, agricoltura e tecnologie, oltre al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio.

La richiesta è quella di attivarsi in fretta per essere pronti, agire con una contromossa per evitare di dover correre ai ripari quando le ripercussioni sull’agricoltura saranno ormai devastanti. C’è l’esigenza, insomma, di programmare rapidamente gli interventi per una migliore gestione delle risorse idriche, che diverranno sempre più scarse. L’Associazione Nazionale dei Consorzi di bonifica (Anbi), su dati del Consiglio nazionale della ricerca, ha proiettato il “rischio di inaridimento sul 70% dei suoli agricoli disponibili della Sicilia, 58% del Molise, 57% della Puglia, 55% della Basilicata, fra il 30% e il 50% di Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo e Campania, e quote minori nelle altre regioni”.

Le aree agricole o ex agricole da allarme rosso, è stato sottolineato, sono oggi tra Agrigento, Siracusa, Reggio Calabria, Potenza, Bari, Foggia, Sassari. Nel 2021 in Sicilia ci sono stati 140 giorni consecutivi senza piogge nella piana di Catania, in generale in Italia i periodi di siccità sono passati, in media, da 40 a oltre 150 giorni l’anno, mentre il caldo estremo l’11 agosto scorso fece raggiungere nel Siracusano la punta mai toccata di 48,8 gradi centigradi. Fabrizio Curcio, capo Dipartimento della Protezione Civile, ha avvertito che in Italia è urgente intervenire su “previsione, prevenzione e gestione dell’emergenza acqua”. In altri termini, vanno implementati “i sistemi di approvvigionamento idrico basandosi su una combinazione di interventi infrastrutturali nel medio/lungo termine” che comprendono una riduzione delle perdite di rete, l’efficientamento degli impianti, un aumento delle interconnessioni, oltre alla costruzione di nuove infrastrutture e piccoli invasi.

Mauro Grassi, direttore di Earth Technology Expo e Water Agenda, invita a “velocizzare gli interventi, dato che la natura fa il suo corso e non è possibile gestire le emergenze solo in fase acuta, illudendosi di contenerne i danni”. Tre le direttrici da seguire: “Tecnologia, fondi (PNRR) e adozione di misure già esistenti (invasi di raccolta) facendo sistema di tutte le competenze con tutti i soggetti coinvolti”. Il direttore di Anbi, l’associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, Massimo Gargano, scende nello specifico e chiede “la realizzazione dei 200 invasi che furono previsti già qualche anno fa”. I consorzi di bonifica, ricorda, “gestiscono ad oggi 800 idrovore e 220mila chilometri di canali di irrigazione per l’agricoltura italiana. Il danno medio per produzione agricola l’anno a causa della siccità è calcolato in 1 miliardo di euro”. Nel corso dell’incontro, coordinato dal geologo da Mario Tozzi, sono state mostrate le soluzioni possibili: in particolare, sistemi di tecnologia avanzata che permettano di sapere quando e come irrigare calcolando volumi d’acqua senza troppi sprechi, come sensori meteo-climatici o osservazioni da satelliti in orbita.

Articolo Precedente

Cingolani: “Ridurre dipendenza da Russia e puntare sulle rinnovabili”. Ma intanto avvia l’aumento delle estrazioni di gas

next
Articolo Successivo

L’appello di 2500 tra scienziati e ministri: “Un gruppo intergovernativo sull’inquinamento da sostanze nocive”. Ma Cingolani non aderisce

next