Un bambino di 13 mesi positivo a Covid 19, con fragilità e con grave patologia respiratoria, ha ricevuto nel Centro di trattamento precoce (Ctp) dedicato al virus Sars Cov 2 del Reparto Pneumologia Covid Dea dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce una terapia con anticorpi monoclonali. Si tratta del primo caso, in Puglia, di somministrazione di questa terapia a un paziente di età inferiore ai 12 anni.

L’intervento è stato possibile grazie a un apposito protocollo redatto dal Reparto di Pneumologia e Malattie infettive dell’ospedale Bambino Gesù di Roma per la somministrazione off label del farmaco, “ovvero – spiega la Asl di Lecce – seguendo indicazioni diverse da quelle per le quali la terapia è stata autorizzata“. Un lavoro di squadra tra l’ospedale romano, il pediatra medico curante del piccolo, i pediatri del Vito Fazzi e il responsabile del Ctp Covid-19 ha consentito al piccolo, con sindrome di Ondine e portatore di tracheostomia, di ricevere tempestivamente e in sicurezza il trattamento. La sindrome è una malattia genetica rara, si tratta di un disturbo respiratorio che si manifesta prevalentemente durante il sonno legato a una alterazione del sistema nervoso autonomo. Il cervello non invia il comando di “respirare durante le ore di sonno e quindi i bambini devono essere aiutati da un ventilatore. Purtroppo, al momento attuale non vi sono farmaci che possano curare questa malattia, ma la ricerca sta facendo notevoli progressi” si legge sul sito del Bambino Gesù.

“Siamo molto soddisfatti – dichiara Francesco Satriano, direttore facente funzione dell’Unità operativa complessa Pneumologia Covid Dea Fazzi – per aver contribuito a creare le condizioni migliori di cura di un bimbo con grandi fragilità. È stato intrapreso un percorso eccezionale, all’interno del trattamento delle patologie rare. Questo rappresenta un ulteriore esempio di come il Covid-19 abbia contribuito a consolidare legami tra differenti nosocomi ed ospedale-territorio al fine di fornire in tempi rapidi il miglior percorso diagnostico-terapeutico per i nostri pazienti”.

Foto di archivio

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