Grandi movimenti a Roma e a Siena dove si giocano i destini dell’amministratore delegato Guido Bastianini, nominato alla guida dell’istituto senese nel maggio 2020 dal governo Conte 2. Al di là delle smentite di rito, difficile che nell’incontro di questa mattina tra il ministro dell’Economia Daniele Franco e il leader della Lega Matteo Salvini non si sia parlato anche di questo, oltre che di interventi per il caro energia. Il Mef, che di Mps possiede ancora il 64%, spinge per un avvicendamento, in particolare il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera vorrebbe Bastianini lontano da Siena. Ma a difesa del manager si sono levate in questi giorni voci trasversali. Da Riccardo Fraccaro del Movimento 5 stelle a Stefano Fassina di Leu e Andrea Marcucci del Pd. Per il prossimo 15 febbraio è in programma l’audizione parlamentare del ministro Franco proprio sulla vicenda. Ma una settimana prima, il 7 febbraio, si riunirà i consiglio di amministrazione della banca dove la presidente Patrizia Grieco potrebbe tentare la spallata. Già circolano i nomi di possibili sostituti: tra gli altri Luigi Lovaglio, Victor Massiah, Fabio Innocenzi, Alessandro Vandelli e Fabio Gallia.

I dati che verranno presentati in cda però si annunciano buoni, migliori delle attese. Certo, merito anche di un abile utilizzo dei margini di gioco concessi di bilanci, ma è difficile imputare a Bastianini una cattiva gestione della banca. L’unico appunto che si può fare al manager (ma dipende dai punti di vista) è che non sembra essersi speso anima e corpo per cedere a qualcuno la banca e disegna piani “stand alone”, ossia in cui Mps prosegue il suo cammino da sola. In mezzo c’è stato l’affaire con Unicredit. La banca guidata da Andera Orcel aveva messo gli occhi su Mps salvo poi ritirarsi dopo il rifiuto del governo a raddoppiare la cifra da lasciare in dote per l’aumento di capitale. In realtà anche in questo caso e visto come si è consumata, è difficile far ricadere la responsabilità della rottura delle trattative sull’ad. In ogni caso al Mef, ossia ai contribuenti, toccherà di nuovo metter mano al portafoglio. Almeno 2,5 miliardi di euro di ricapitalizzazione per una banca che ne ha già “mangiati” più di 5. E poi la gestione del piano da 4mila esuberi e le trattative con Bruxelles per ottenere più tempo per la cessione della quota, missione in cui il Tesoro si era impegnato a realizzare originariamente entro fine 2021. Tra le condizioni poste dalla Ue per l’ulteriore dilazione ci sarebbe anche l’avvicendamento ai vertici della banca per dare un segnale di discontinuità.

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