Dice il proverbio che a pensar male c’è sempre tempo. E a Milano di tempo ne è passato abbastanza per domandarsi che fine abbia fatto il Garante del verde, l’organo indipendente voluto più di un anno fa dalla giunta di Giuseppe Sala e ad oggi mai nominato, nonostante il bando chiuso già la scorsa primavera. “Sperano che la gente se ne dimentichi?”, domanda l’urbanista Paolo Pileri, che ha presentato la sua candidatura per l’organo che avrebbe dovuto tenere d’occhio l’Amministrazione, a partire dal consumo di suolo. Ma a lui come al resto della cittadinanza, nessuno ha più fatto sapere nulla. Eppure nel secondo mandato Sala rilancia proprio sull’ecologia, con i Verdi passati dall’opposizione alla giunta. “E nel frattempo si stanno decidendo tante trasformazioni in città, dallo Stadio agli scali ferroviari”, osserva Pileri, citando vizi e ambiguità dei documenti di pianificazione urbanistica, “sempre a scapito dell’ambiente”. Ambiente che in Lombardia è più minacciato che altrove, con la regione ancora in testa alla classifica nazionale del consumo di suolo stilata dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra). E la città di Milano che impatta ben oltre i confini comunali, dove sempre più spesso la logistica asfalta i comuni dell’hinterland per servire il capoluogo.

L’istituzione del Garante del Verde, del Suolo e degli Alberi viene votata dalla giunta Sala l’11 dicembre 2020 e il 2 febbraio 2021 la delibera è approvata dal Consiglio comunale. Ad aprile esce il bando e per candidarsi c’è tempo fino al 18 maggio. Poi l’estate, la campagna elettorale, la vittoria a mani basse del sindaco, rieletto lo scorso 4 ottobre. E il silenzio che cala sul fantomatico garante. A leggere quanto ancora si trova scritto sul sito del comune di Milano, si tratta di “un organo collegiale e indipendente composto da tre membri, nominati dal Sindaco tra persone competenti nel campo delle scienze ambientali e urbanistiche“. Tra i compiti del nuovo organo “vigilare sulla corretta applicazione delle normative in materia di consumo del suolo e di tutela del verde e attuare le procedure per l’ampliamento del parco Agricolo Sud”. Ma anche “promuovere azioni di ascolto e informazione nei confronti della cittadinanza, dialogare con gli uffici comunali sulle iniziative di compensazione legate al consumo di suolo, verificare il monitoraggio degli interventi su suolo privato che comportano modifica dell’uso del suolo e della dotazione arborea”. Insomma, una specie di watchdog, un controllore a tutela dell’ambiente.

Tutto nasce da una proposta del consigliere di sinistra Basilio Rizzo, poi accolta dall’allora assessore al Verde, il dem Pierfrancesco Maran, che così annunciò la decisione di Palazzo Marino: “Vogliamo istituire una figura terza in grado di monitorare l’operato dell’Amministrazione in tema di tutela del suolo e del verde, a garanzia dei cittadini e dell’ambiente”. Quattordici mesi dopo, lo stesso Rizzo si domanda che fine ha fatto il garante. Maran, ora assessore alla Casa, non ha notizie. E così al nuovo assessorato all’Ambiente, nessuno ha novità. E soprattutto non ne sanno niente i diretti interessati, quelli che hanno inviato al sindaco la loro candidatura. Come il docente di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, Paolo Pileri, esperto di consumo del suolo e da sempre attento alle sorti del territorio cittadino e lombardo. Che denuncia la totale assenza di trasparenza: “Quanti hanno presentato la loro candidatura? Chi è stato nominato per selezionare i curricula? Persone in grado di valutare profili così tecnici? Anche questo sarebbe corretto condividere con chi si mette a disposizione per un impegno importante e tuttavia a carattere gratuito“. Non un dettaglio, secondo Pileri: “In un momento di transizione ecologica dovresti strapagare gli esperti in materia, che vuoi ti indichino la strada verso il modello di sviluppo che dici di voler abbracciare: quando lo racconto ai miei colleghi all’estero dicono che siamo pazzi“. E ritiene “evidente che il tempo e il lavoro che questi esperti potranno dedicare a sfide complesse come quella del nuovo stadio di San Siro, per esempio, non sarà al massimo della loro professionalità”. Sempre che qualcuno li nomini e arrivino ad occuparsene.

Ma quanto bisogno ha Milano di un garante indipendente? Nonostante le reciproche critiche tra Sala e i Verdi milanesi, che all’ex manager di Expo non hanno risparmiato attacchi sulla gestione di partite come lo stadio e la riqualificazione degli scali ferroviari, le pressioni della Federazione europea dei Verdi porta quelli meneghini a seppellire l’ascia di guerra, ottenendo così l’assessorato all’Ambiente con Elena Grandi, già portavoce nazionale. C’è ancora spazio per un garante del verde quando al Verde hai i verdi? Ad oggi lo scioglilingua è senza risposte. Quanto alla necessità di “un organo che si occupi di dati e numeri perché fatti e opinioni politiche rimangano distinti“, come lo definisce Basilio Rizzo, il lavoro non manca. A partire dalla necessità di superare le ambiguità di un piano urbanistico degno del peggiore azzeccagarbugli. “Nella Carta del consumo di suolo allegata al piano ci sono aree segnate come urbanizzate o urbanizzabili, e che al momento sono completamente libere e verdi. Ma visto come sono catalogate, costruirci sopra non è considerato consumo di suolo“, spiega Pileri. “Allo stesso modo, ci sono aree catalogate campo agricolo, come piazza Leonardo da Vinci antistante l’ateneo del Politecnico, che invece sono pavimentate. Pasticci che alla fine sono sempre a favore del consumo di suolo”, commenta. A sentire il professore, si direbbe che la partita del consumo di suolo in mano ai comuni assomigli al gioco delle tre carte. Storture che da dieci anni attendono che il Parlamento partorisca una legge nazionale, in linea con l’articolo 117 della Costituzione che dice che deve essere lo Stato ad occuparsi delle risorse ecosistemiche come il suolo. “Invece si continua a considerarla una piattaforma ad uso urbanistico”, spiega Pileri. Un esempio? “Prendiamo un’area che sul piano urbanistico è segnata come “urbanizzabile” e ipotizziamo che quest’area sia oggi campo agricolo. Cosa fanno i comuni? Dicono che “tolgono l’urbanizzabilità”. Ma non è che acquisti davvero area verde, perché su quel terreno nulla è cambiato. E’ un falso guadagno che serve per giustificare l’urbanizzazione di altre aree, un accrocco burocratico che si sono inventati per consentire alle amministrazioni di dire che hanno ridotto il consumo di suolo, ma non è vero“. E aggiunge: “Su tutto questo il garante potrebbe avere cose da dire”. Ma visto il silenzio e il nuovo assetto politico, è legittimo domandarsi se a Palazzo Marino ci sia ancora qualcuno che voglia stare a sentire.

In attesa di vedere che fine farà il Garanti del Verde, per fare un bagno di realtà basta guardare a quel che dice l’ultimo rapporto dell’Ispra che denuncia l’inarrestabile consumo di suolo lombardo, anche in tempi di pandemia. Quanto all’area metropolitana di Milano, l’Istituto spiega che negli ultimi anni il consumo si è spostato dal comune capoluogo ai comuni della cintura. Dove il new green deal di Sala non arriva e a farsi spazio, letteralmente, sono i grandi nomi della logistica che asfaltano terreni agricoli o verdi per costruire i magazzini delle merci che servono Milano. In città, invece, già nel 2019 la prima giunta di Sala parlava di “una metropoli che cresce senza consumare suolo”, con un piano urbanistico che intende ridurre di un ulteriore 4% lo sfruttamento. “Poco importa, se poi a Segrate o a Sesto asfalto tutto”, ribatte Pileri, che rilancia: “Le città metropolitane sono state inventate per permettere ai sindaci di dire “io non consumo suolo””. Infine c’è che Milano, entro i confini comunali, ha ormai poco da consumare, con il 58% delle aree già asfaltate. Una percentuale che ad ogni milanese lascia appena 50 metri quadrati di spazio non urbanizzato. A Roma, per capirci, i metri quadrati disponibili per abitante sono 350. Ma questo non vuol dire che di suolo non se ne consumerà più. Perché, avverte il dirigente Ispra e responsabile dei rapporti dell’Istituto Michele Munafò, “una cosa è il reale stato di fatto dei terreni e un’altra è la pianificazione urbanistica dei comuni, e per tutelare il primo è bene non confonderlo con la seconda”. Per dire, i 5 ettari di verde profondo con tanto di alberi ad alto fusto che il progetto del nuovo stadio di Inter e Milan potrebbe minacciare, che valore ecosistemico hanno per la città? E se li asfaltiamo come verranno conteggiati ai fini del consumo di suolo? E ancora: il verde allestito intorno ai futuristici progetti degli ex scali ferroviari sarà in grado di fornire alla città i servizi ecosistemici di cui necessita? In che misura? A queste e altre domande potrebbe rispondere il Garante del Verde, “nell’esclusivo interesse di un cipresso, di un filo d’erba, di un pezzo di prato”, precisa Pileri. Sempre che glielo facciano fare.

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