Anche nel 2022 al santuario di Montevergine, vicino Avellino, il mondo Lgbtq+ e dei “femminielli” (le persone transessuali e travestite nella cultura tradizionale napoletana) si è riunito per festeggiare la Candelora. Una data speciale per la Chiesa, in cui si ricorda la presentazione di Gesù al tempio, ma che nei secoli ha assunto un significato particolare. La Madonna di Montevergine, detta la Madonna nera o Mamma schiavona, è la madonna degli ultimi. Con gli anni è diventata la protettrice della comunità lgbtq, che con canti e balli le rendono grazie ogni due febbraio e vengono benedetti dall’abate del santuario irpino. Una festa che racchiude in sé religione, politica e folklore, visto che il 2 febbraio segna l’inizio dell’anno delle tammuriate per i musicisti tra Napoli e Avellino.

La ragione di questo culto unico nell’Occidente è una leggenda che risale al 1300 per cui la Madonna salvò una coppia di omosessuali che, scoperti a baciarsi, erano stati legati alle rocce della montagna. “Per me questo giorno rappresenta il ponte tra il movimento Lgbtq+ e la Chiesa”, dice Vladimir Luxuria, presenza fissa a Montevergine dal 2001, al fattoquotidiano.it. “Se forse è troppo invitare Papa Francesco a un gay pride, sarebbe bellissimo averlo qui”. Anche l’abate Riccardo Luca Guariglia prima della benedizione ha ricordato il doppio volto di questa festa, celebrata in chiesa con la preghiera e fuori con i balli. “Anche questa è una prova di fede”, dice l’abate “e chiedo scusa per tutte le volte che la Chiesa non ha dato prova di fede e perdono ai suoi fedeli”.

Luxuria, con la mascherina anti-Covid arcobaleno, ha seguito la messa nel santuario in prima fila, mentre fuori alle “paranze” salite sul monte con tamburi e tammorre veniva concesso di suonare una canzone. “Di solito fuori dalla Chiesa c’è una vera festa che va avanti per ore”, spiega Gioacchno Acierno, cantante del gruppo folk Lumanera e fondatore della testata locale Mercurio. “Ma quest’anno per via delle restrizioni Covid è tutto in miniatura”. Acierno è nato a Capocastello, una frazione di poche centinaia di abitanti, e ricorda: “E’ grazie alla candelora che mi sono sentito sensibilizzato su molti argomenti”.

Mentre parla, un corteo di tamburi e organetti guidato da un “femminiello” sale le scale che conducono al portone del santuario fermandosi a ogni gradino per cantare un verso della preghiera in cui si chiede la grazia a Mamma schiavona. Il percorso anti-Covid, però, prevede che i fedeli passino per un’altra porta. Così, solo dopo qualche minuto di trattativa il portone viene aperto e la piccola processione entra nell’abazia cantando una canzone davanti al dipinto della madonna di Montevergine, arrivato in Italia dal Medioriente intorno al 1400.

“Il santuario di Montevergine ha sempre avuto un ruolo importante per la Chiesa”, ricorda don Vitaliano, salito alla ribalta nei primi anni 2000 come il prete “no global”. “Era il santuario dei re di Napoli e poi dei Savoia. Fu qui che durante la seconda guerra mondiale si decise di conservare la sacra sindone, perché a Torino era in pericolo”. Don Vitaliano è cresciuto a Mercogliano e ricorda di quando erano solamente i femminielli napoletani a salire il 2 febbraio a Montevergine. “I femminielli sono personaggi che, se pur discriminati, a Napoli ricoprono storicamente un ruolo di rilievo nei quartieri. Ad esempio presiedono la tombola a natale e si dice che portino fortuna”.

“Poi tutto cambia con la candelora del 2001”, continua il parroco. “C’era stato il G8 a Genova e lo stesso movimento no global aveva organizzato il primo World gay pride a Roma: io ero in prima fila. Papa Wojltyla non ne fu per niente contento e, come conseguenza, ci fu la cosiddetta “cacciata dei femminielli”. Il 2 febbraio 2001 l’abate Taricisio Nazzaro durante la predica disse che la chiesa non era posto per i femmenielli. “Qui il fatto è diventato politico”, spiega Vitaliano. “Otto giorni dopo organizzammo il “Femminiello pride” e fu la prima volta che si unì a noi Vladimir Luxuria”.

“Ricordo bene la cacciata dei femminielli”, conferma la prima persona transgender eletta in un parlamento europeo. “Ne lessi nella cronaca locale mentre mi trovavo a Napoli, e così ho conosciuto questa Madonna, alla quale si rivolgono da secoli persone travestite e persone trans”. “Da piccola ero devota e anche chierichetto – racconta Luxuria al fattoquotidiano.it- ma quando parlai al prete del fatto che mi sentivo donna, mi fece capire che la chiesa non era il posto per me. L’incontro con don Andrea Gallo, la Madonna di Montevergine e l’arrivo di papa Francesco sono state le ragioni del mio riavvicinamento alla fede cristiana”.

Il 2001 è il momento in cui una festa religioso-popolare di area partenopea si trasforma nella celebrazione della diversità sessuale. “Cambiando il tempo cambia anche la funzione”, spiega Carlo Preziosi, antropologo ed ex assessore di Ospedaletto d’Alpinolo, primo comune in Italia con un bagno unisex inaugurato da Valdimir Luxuria, cittadina onoraria. “Ho capito che a partire da un’antica tradizione poteva crearsi dibattuto su qualcosa di contemporaneo”, continua Preziosi. “Anche se ogni anni salivano i femminielli a Montevergine, e tutti i cittadini partecipavano a questa festa, poi sul territorio non restava niente del dibattito sociale. Ho pensato, una volta eletto, di creare un dibatto sull’argomento Lgbtq in un paese di duemila persona dell’entroterra campano”. “Ospedaletto d’Alpinolo – prosegue Preziosi- è anche il primo paese dove una coppia, Orlando e Bruno, ha potuto sposarsi grazie alla legge Cirinnà, nel 2016. Una coppia abruzzese e una laziale, non compresi nel loro paese, sono venuti a vivere qui proprio per il dibattito pubblico sulla marginalità sociale che esiste da tempo grazie a questa festa”.

E, se il 2001 rappresenta lo strappo tra il movimento e la Chiesa, gli anni dal 2017 al 2020 sono un’opera di ricucitura, in cui grazie al lavoro dei comuni di Ospedaletto e Mercogliano la parte politica, con dibattiti, banchetti delle associazioni e concerti, è rimasta a valle mentre la celebrazione religiosa si svolgeva al santuario. “È un peccato che il Covid abbia fermato tutto questo, anche perché la candelora non è che la punta dell’iceberg, abbiamo solo gettato i semi. Stavamo investendo sul turismo arcobaleno, una pratica di accoglienza sensibile agli orientamenti sessuali e all’ambiente che spero potrà portare nuovi frutti in questi paesi che soffrono l’isolamento”.

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