Mentre ancora non si è trovata una soluzione per i delegati positivi o quarantenati, a esprimersi è stata la Camera. Montecitorio ha approvato due ordini del giorno presentati dai capigruppo di Fdi Francesco Lollobrigida e di Fi Paolo Barelli. Il governo, è la richiesta, dovrà “garantire ogni forma di collaborazione per permettere a tutti i 1.009 delegati di partecipare al voto, in raccordo con le altre istituzioni, il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato della Repubblica, rimuovendo ogni forma di impedimento, se del caso anche attraverso un intervento di carattere normativo”.

Gli ordini del giorno sono stati presentati al decreto Green pass e sono stati approvati quasi all’unanimità: 349 sì, 4 no e 20 astenuti (i deputati di Alternativa). A favore si sono espressi anche i parlamentari di Italia viva e del Movimento 5 stelle. È la prima volta che in una sede formale e con un voto un ramo del Parlamento pone un impegno all’Esecutivo, chiaramente volto ad agevolare la possibilità per grandi elettori positivi o quarantenati di partecipare all’elezione del presidente della Repubblica. Il voto è stato preceduto da un lungo dibattito. Durante la discussione, l’Aula è stata sospesa a causa di un malore del deputato Fdi Federico Mollicone che ha perso conoscenza dopo il suo intervento. “Auguri di piena guarigione”, ha scritto su Twitter il presidente della Camera Roberto Fico.

Sono tante le ipotesi circolare in queste ore per permettere il voto ai positivi e tra i principali promotori c’è il centrodestra. Al momento sono circa 35 i grandi elettori positivi e che non potrebbero partecipare alla votazione. “Bisogna fare ogni sforzo per mettere nelle condizioni di chi ha il diritto di esprimere il proprio voto, di poter votare per il presidente della Repubblica”, ha dichiarato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa a 24 Mattino su Radio24. “Per quanto riguarda i positivi si potrebbe fare un Covid hotel a Roma e dare la possibilità ai positivi tramite spostamenti sicuri, di poter votare con la scheda a domicilio. Si fa per le amministrative, alle provinciali ed alle comunali, credo per un’elezione importante come quella del presidente della Repubblica dobbiamo fare ogni sforzo per permettere a tutti di votare. L’ipotesi del Covid hotel è tecnicamente realizzabile, quindi dobbiamo valutarne la possibilità e l’opportunità di realizzarla”.

Intanto ieri a Montecitorio è finito l’allestimento della grande tensostruttura con stufe che copre il cortile d’onore (ci staranno i grandi elettori in attesa del loro turno per entrare in Aula a votare) e sono stati individuati nel corridoio delle commissioni gli spazi per le troupe televisive. A tutti i deputati è già arrivata una lettera con cui gli Uffici della Camera già comunicano loro che dal 24 gennaio voteranno divisi in 13 fasce orarie, ciascuna di dodici minuti per gruppi di cinquanta. La questione è stata dibattuta per ore nella notte di lunedì dai capigruppo della Camera, ma per il momento le posizioni restano bloccate. Il centrodestra, con Forza Italia in testa reclama l’applicazione anche per i parlamentari della circolare del ministero della Salute relativa agli spostamenti dei contagiati. IV, in una posizione analoga con quella della Lega, chiede un ‘Covid hotel’ prossimo alla Camera da cui far partire un percorso protetto per gli eventuali contagiati che arrivi in Aula o comunque dentro Montecitorio, oltre ad estendere la possibilità di spostamento per i deputati oltre i 300 km previsti dalla Circolare. Ma Pd, Leu e fino a ieri anche M5s non sono d’accordo. Un no secco al voto ‘a domicilio’ arriva da Debora Serracchiani (Pd). Visto che sinora la Camera ha applicato per analogia all’Aula le regole valide per luogo di lavoro, sostiene la capogruppo dem, sarebbe pericoloso dire che i parlamentari e la Camera possono beneficiare di regole straordinarie; inoltre, ritiene che i positivi non debbano entrare a Montecitorio per garantire la sicurezza di tutti. Roberto Fico, che in quanto presidente del Parlamento in seduta comune è il ‘dominus’ della votazione, ha sentito tutti. Ha chiarito che, siccome qualsiasi forma di voto a domicilio deroga a numerosi principi base del voto parlamentare, come l’immunità di sede, la segretezza e la pubblicità, oltre a determinare una possibile discriminazione tra parlamentari affetti da Covid e quelli bloccati da altre tipologie di impedimento, si potrebbe procedere a modifiche della situazione attuale solo con un consenso politico unanime in capigruppo e in seguito ad un parere della Giunta del Regolamento. Diversamente, procedere a modifiche non è possibile. E l’unanimità pare proprio dura da raggiungere.

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