Six Nations andrà avanti, gli stadi di calcio resteranno aperti e gli eventi all’aperto potranno riempirsi senza limitazioni numeriche. Così da lunedì la Scozia comincia a stralciare gradualmente le misure anti-Covid che aveva attivato dal giorno di Santo Stefano per arginare l’ondata Omicron. La variante è ancora molto presente in Galles che non allenterà le restrizioni almeno fino alla settimana prossima, ma in generale il Regno Unito nelle ore scorse ha registrato un nuovo calo di contagi: 120.821 nuovi casi, che non comprendono le reinfezioni ma sono comunque dimezzati rispetto a martedì.

Il dato settimanale (1.103.660 casi) su tutto il Regno Unito è sceso del 13% , con una media di 237 morti mentre negli ospedali britannici restano circa 20.000 pazienti covid. “Mi sembra che la situazione stia cominciando a stabilizzarsi – ha commentato alla Bbc Linda Bauld Docente di Sanità Pubblica all’Università di Edimburgo – non stiamo avendo i grossi aumenti di numeri che ci aspettavamo in questa fase e, anche se non dappertutto cominciamo a vedere segnali in alcuni parti del Regno Unito che le ammissioni in ospedale si stanno livellando e questo ci fa sperare che stiamo cominciando a vedere la fine di questo picco“.

A CHE PUNTO SIAMO CON LA PANDEMIA? IL MODELLO UK
Qualcuno, come il professor David Heymann della London School of Hygiene and Tropical Medicine, legge in questo calo il segnale che il virus stia diventando endemico. Dal palco online di Chatham House l’esperto di Epidemiologia e Malattie Infettive suggerisce che il Regno Unito – da dove è partita la grossa impennata di Omicron che sta attraversando l’Europa- sia ora probabilmente il Paese più vicino alla fine della pandemia, o addirittura già fuori. Qui, secondo l’esperto, grazie ai livelli di immunità nella popolazione la malattia potrebbe essere a buon punto per diventare endemica come uno dei quattro ceppi comuni di Coronavirus con i quali conviviamo dagli anni sessanta, e che puntualmente riemergono nel periodo invernale quando ci incontriamo al chiuso ed è più facile trasmetterci un virus che ha sintomi di un normale raffreddore.

“Il Regno Unito ora è probabilmente uno dei paesi con il più alto livello di immunità tra la popolazione – spiega Heymann – L’ultimo rapporto dell’ Ufficio di Statistica Nazionale stima che circa il 95% degli inglesi e un poco meno nella altre parti del Regno Unito (gallesi, scozzesi e nordirlandesi) hanno sviluppato anticorpi contro l’infezione grazie alla vaccinazione o dal contagio naturale. In vari paesi si sta sviluppando immunità tra la popolazione, che vuol dire che le persone corrono meno rischi di ammalarsi in modo grave o di morire se contagiati. Vaccini e una precedente infezione stanno tenendo a bada il virus che adesso si comporta più come un coronavirus endemico che non come una pandemia, basta notare che coloro che si ammalano più gravemente o finiscono in terapie intensive sono principalmente persone che non sono vaccinate“.

A QUANDO LA FINE?
Ogni nazione ha affrontato la pandemia con le proprie strategie, e i Paesi del mondo al momento si trovano in stadi differenti nella lotta al covid-19 e arriveranno alla fine della pandemia in tempi diversi, che dipendono dal livello di immunità sviluppata dalla popolazione. Su una cosa Heymann è certo: “Nel marzo del 2020 il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità annunciava che Covid-19 era una pandemia globale. Avere l’annuncio che la pandemia è finita non sarà possibile fintantoché tutti i Paesi non avranno predisposto le misure necessarie per contenere il virus e renderlo endemico” ammonisce l’epidemiologo sottolineando come il Regno Unito sia probabilmente uno dei Paesi con i livelli più alti di immunità ed endemicità del virus perché il governo è riuscito a trasferire al popolo la capacità di fare la propria valutazione dei rischi per contenere il contagio, ad esempio attraverso la possibilità di farsi un tampone rapido (che nel paese sono distribuiti gratuitamente) a casa prima di incontrare amici e familiari. Sui giornali inglesi gli scienziati sono divisi sul fatto se Covid-19 possa già considerarsi un virus endemico. Alcuni sostengono che lo sia già, altri che potrà diventarlo solo a primavera. Heymann sostiene che non sia importante a questo punto concludere se il virus sia o non sia endemico, ma ciò che è fondamentale è vedere se questo circola a livelli tali da non provocare morti o far sviluppare la malattia in modo grave. In una parola, dobbiamo puntare sull’immunità.

COSA POSSIAMO ASPETTARCI ORA? E LA FAMOSA IMMUNITÀ DI GREGGE? Heymann è pragmatico: “Non sappiamo cosa ci sia in serbo per noi. Il virus avrà una ripresa ed emergeranno nuove varianti ma siamo fortunati perché abbiamo vaccini che possono essere modificati rapidamente e prodotti in fretta per adeguarsi. Non possiamo predire dove si presenteranno le varianti, né la loro virulenza o trasmissione ma speriamo che si comporteranno allo stesso modo che stiamo osservando con Omicron.

Sappiamo che i vaccini prevengono non l’infezione ma i sintomi gravi se ci si ammala. Scienziati e giornalisti parlano di raggiungere l’immunità di gregge con questa pandemia ma questo termine significa che le persone sono protette contro una futura infezione perché sono vaccinate o perché hanno contratto la malattia precedentemente. Con il morbillo, per esempio, un vaccino può prevenire l’infezione così come contagiarsi previene la reinfezione. Se vaccini e virus si comportassero così anche con Covid-19 allora potremmo parlare di immunità di gregge e di bloccare la trasmissione – puntualizza Heyman – ma non possiamo. Con gli attuali vaccini dobbiamo convivere con la trasmissione. Si spera che in futuro potremo avere vaccini che bloccano la trasmissione e prevengono l’infezione ma al momento non è cosi quindi dobbiamo convivere con il virus cercando di abbassare le sue prestazioni contro gli umani, e per fare questo dobbiamo vaccinarci.

COSA VUOL DIRE CONVIVERE CON IL VIRUS?
Nelle prossime settimane il primo ministro Boris Johnson dovrebbe presentare il suo piano ‘vivere con il Covid’ che dimostrerà al mondo la strategia per effettuare la transizione da ‘pandemia’ a ‘endemia’. “Ci stiamo muovendo verso una situazione in cui è possibile dire che si può convivere con il covid perché si sta riducendo la pressione sulla sanità nazionale e sui servizi pubblici essenziali, ma è vitale riconoscere che ancora non siamo a quel punto”, ha annunciato in televisione un braccio destro di Johnson, il segretario di stato Michael Gove.

Secondo Heymann la chiave per convivere con il virus è proteggerci l’uno con l’altro indossando la mascherina anche se si è vaccinati. Quando si guarda al ruolo dei governi questi devono sviluppare strategie e sistemi di sorveglianza per individuare velocemente il focolaio di un nuovo picco e monitorare cosa avviene negli ospedali: “Molti paesi al mondo, incluso il Regno Unito, hanno simili sistemi per l’influenza che ora possono essere congegnati per il Covid-19” suggerisce il professore, ricordando come al momento conviviamo con il batterio della tubercolosi ed il virus dell’HIV ad esempio, ed è importante sviluppare passo passo nuove linee guida anche per il Covid-19 e le sue varianti. “Avere un buon sistema di individuazione della malattia a livello di comunità e di ospedali è molto importante per imparare a convivere con il virus via via che si evolve, e per aiutare le persone a capire come effettuare la loro valutazione dei rischi e gestirli – spiega Heymann – ad esempio per Natale abbiamo potuto farci un tampone rapido prima di portare il contagio nelle case dei nostri familiari, ma non sono molti i paesi che hanno adottato questa stessa strategia”.

COME POSSIAMO PREPARCI ALLA PROSSIMA PANDEMIA?
“Abbiamo imparato molte lezioni. Le tre componenti su cui concentrarci per il futuro sono 1) rafforzare il comparto Salute Pubblica ed il sistema di allerta per le malattie 2) Garantire che tutti i pazienti affetti da altre malattie possano accedere alla sanità anche nel mezzo di una pandemia 3) concentrarci sul migliorare la salute della popolazione in modo da renderla più resistente alle infezioni, perché questo virus non ha provocato serie conseguenze per la maggioranza delle persone che erano più sane. Se mettiamo insieme queste tre priorità nel programma per la sicurezza sanitaria dei vari paesi – conclude Heymann – saremo preparati meglio”.

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