Un piccolo caso politico ha accompagnato la scelta dei delegati regionali della Lombardia per l’elezione del presidente della Repubblica. Oltre al governatore Attilio Fontana e al presidente del Consiglio regionale Alessandro Fermi (entrambi della Lega), l’assemblea del Pirellone ha scelto di mandare a Roma – in rappresentanza delle opposizioni – il consigliere del Movimento 5 Stelle Dario Violi, già candidato presidente della Regione nel 2018. Violi ha raccolto 22 voti (il doppio degli 11 del gruppo M5S) staccando di cinque preferenze il nome indicato dal Pd, quello del capogruppo Fabio Pizzul, che si è fermato a 17 (i consiglieri dem sono 14). I voti per Fontana sono stati 47, quelli per Fermi 31. Viviana Beccalossi, del gruppo Misto, ne ha invece ottenuti 12. Sulle tensioni giallorosa infieriscono fonti della Lega: “Gli accordi di potere hanno le gambe corte, e così in Lombardia si è già spaccato l’asse Pd-5Stelle: i dem sono abituati a ottenere poltrone soprattutto quando perdono, ma questa volta non avranno un delegato per l’elezione del prossimo capo dello Stato. È un bagno di umiltà per chi ha appetiti di potere ormai senza controllo, sia sul Colle che su palazzo Chigi”.

L’elezione – nonostante i numeri sulla carta – del candidato pentastellato ha suscitato una dura reazione del Pd, che accusa il centrodestra di aver dato un “consistente contributo” all’inaspettato esito. “Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno scelto un esponente del Movimento 5 Stelle. Il delegato delle opposizioni per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica è stato scelto dal centrodestra. L’interferenza della maggioranza nelle dinamiche dell’opposizione è un fatto grave. Questi sono fatti politici che hanno un senso chiaro e hanno a che fare con l’obiettivo di Forza Italia di far eleggere Silvio Berlusconi come prossimo capo dello Stato”, si legge in una nota del gruppo. “Noi rimaniamo convinti che la chiarezza e la coerenza paghino sempre. Prendiamo atto che siamo l’unica opposizione vera in Regione Lombardia”. Ma il neo-grande elettore allontana le suggestioni con un comunicato: “Non c’è stato nessun accordo politico. Analizzando i numeri è evidente come i 25 voti in uscita alla maggioranza, non andati al presidente Fermi in seguito ai malumori interni al centrodestra, siano stati distribuiti fra gli altri candidati, compreso il capogruppo del Pd. Delle due l’una: o tutti hanno fatto accordi o non li ha fatti nessuno. C’erano dei voti in uscita, poi c’è chi ha lavorato bene come riconosciuto al Movimento Cinque Stelle e chi meno. L’ipotesi che io possa votare Berlusconi non è semplicemente fantapolitica, ma un’offesa personale alla mia storia politica e a quella del Movimento Cinque Stelle”.

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