Contagi record e pressione sugli ospedali. In Australiadove è scoppiata la polemica per la presenza di Djokovic agli Australian Open – “diversi infermieri positivi al Covid-19 sono stati richiamati in servizio, in violazione di quanto previsto dai protocolli sanitari, presso ospedali del Nuovo Galles del Sud, in Australia, a seguito dell’emergenza organizzativa legata alla carenza di personale per la massiccia diffusione della variante Omicron, che ha costretto in isolamento circa 2.500 sanitari nell’area di Sydney” . Il quotidiano britannico The Guardian riferisce di aver ricevuto denunce da infermieri allarmati per essersi ritrovati in contatto con colleghi contagiati. Il richiamo in corsia sarebbe stato diramato attraverso comunicazioni informali e verbali, con la condizione che gli operatori positivi siano asintomatici e utilizzino strumenti di protezione personale. Secondo diverse testimonianze citate sempre dal Guardian, in alcuni casi gli infermieri sono apparsi tuttavia evidentemente sintomatici, con tosse e raffreddore, e avrebbero prestato servizio anche in reparti non-Covid.

L’Australia – che ha tenuto i confini sigillati per due anni e costringeva alla quarantena di 14 giorni nei Covid hotel chiunque riuscisse ad arrivare sul territorio – ha riportato un numero record di circa 50.000 (47.738) nuovi casi di Covid, per la maggior parte di variante Omicron e non gravi. Nonostante i tracciamenti a tappeto e la chiusura delle frontiere il Paese era appena uscito da un’ondata di Delta che aveva ridimensionato l’ambizione del governo di arrivare a zero-casi di coronavirus. Ora, come altri nel resto del mondo, l‘Australia si affida alla campagna vaccinale con il 91,5% della popolazione che ha già ricevuto due dosi e 2,5 milioni il booster. – Nel frattempo numerosi centri per i tamponi in New South Wales, Victoria e Queensland hanno dovuto nuovamente chiudere per la mancanza di personale o per l’impossibilità di processare tutti i campioni, nonostante il lavoro 24 ore su 24. Il vicepresidente dell’Associazione medica australiana, Chris Moy, ha affermato che negli ospedali un gran numero di operatori sanitari è entrato in malattia dopo aver contratto il virus, rendendo difficile per i restanti lavoratori fornire cure adeguate ai pazienti.

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