di Federica Morrone

Mentre tutto nel mondo sta cambiando, in questo flusso inarrestabile, deve necessariamente cambiare anche la scuola. Assurdo pensare di somministrare la stessa istruzione di prima, programmi obsoleti, metodi che non valorizzano sensibilità e talenti, la mortificazione della fantasia, l’appiattimento del senso critico in favore del soffocante pensiero unico. Non dimentichiamo che stiamo interagendo con bambini e ragazzi che sono restati chiusi in casa mesi senza incontrarsi, toccarsi, scendere in un parco a giocare; senza correre, praticare uno sport, guardarsi negli occhi, abbracciarsi. E che rischiano in ogni momento che questo accada di nuovo. Vedono i genitori piangere, perdere il lavoro, le certezze, le speranze, la salute. Non possono essere educati ignorando il momento storico, vanno accompagnati in una profonda immersione nella vita, nei libri e oltre i libri.

Nel mio augurare “buone vacanze di Natale” agli insegnanti, mi permetto umilmente di esortarli a esercitare il potere di fare la differenza in una scuola abbandonata, con i banchi mai arrivati, le mascherine che tolgono il respiro, la proibizione del contatto e degli oggetti condivisi, i tamponi a spese delle famiglie per tornare in classe. Li imploro di non omologarsi alla accidiosa apatia di troppi professori e dirigenti che hanno perso ogni motivazione o che forse non l’hanno posseduta mai. Ho visto all’interno della scuola maestre sadiche, genitori che tengono alla bella grafia piuttosto che al benessere dei propri figli, ridicoli giochi di potere, ossessione per le poltrone. Durante i corsi di scrittura creativa mi è capitato di conoscere numerosi insegnanti: la maggior parte viene per acquisire nuove competenze da condividere in classe, qualcuno solo per ricevere crediti formativi.

La differenza si vede subito. I primi sono pieni di entusiasmo e desiderio di dare, gli altri si accasciano annoiati e ripetono spesso “tanto non capiscono niente” (riferendosi ovviamente agli alunni). Mentre a non capire sono loro, e poi si perdono l’opportunità di lasciare semi fertili a questa generazione destinata a ricostruire il futuro ancor di più di quella del dopoguerra.

Fortunatamente esistono le eccellenze. Quelle che sempre contraddistinguono il nostro Paese che – pur con tutte le cialtronerie – è ancora in grado di regalarci personaggi straordinari. In un momento tanto complicato è importante valorizzare ancor di più la bellezza, le persone perbene, coloro che hanno la capacità di essere utili facendo bene il proprio dovere, così come ci ha narrato La peste di Camus. Esiste una miriade di maestre e maestri meravigliosi ed è una responsabilità da adempiere parlare di loro. Inizio a farlo raccontandone una per rendere omaggio anche agli altri e per spronare chi ha ancora non ha dato il meglio di sé.

Francesca De Rosa è una di quelle maestre che – nonostante lo sfacelo, i ministri e i dirigenti incapaci – sceglie ogni giorno di essere umana e di onorare quello che non è soltanto un mestiere, ma una vera missione, una straordinaria responsabilità di futuro. Come nell’Attimo fuggente non tutti la apprezzano e la capiscono, perché la meraviglia che esce fuori dagli schemi fa ancora tanta paura ai reazionari dello spirito. Eppure è una gioia vedere una maestra piena di luce che la mattina accoglie i bambini con il pallone nascosto sotto il cappotto per intavolare una partitella in cortile a ricreazione. Insegna le poesie di Hikmet e i racconti di Calvino; condividendo la passione per il cinema e la fotografia è riuscita a rendere persino la Dad un’avventura da condividere con allegria. Organizza gite a mostre e interviste agli artigiani del quartiere. Scrive assegnando i compiti a bambini di sette-otto anni: “… respirate l’aria della mattina, guardate ciò che vi circonda cogliendone i particolari, createvi occasioni per parlare, giocare e correre in un prato prima che tramonti il sole. Discutete con i vostri genitori, ascoltate le loro ragioni e sappiate sostenere le vostre. Scattate foto, ogni volta lo vogliate e ogni volta la luce ve lo suggerisca. Scrivete racconti, ispirandovi (come sapete fare) a ciò che vi è intorno, leggete ma soprattutto siate sempre sorridenti alle giornate che vi si presenteranno, anche se alcune risulteranno essere più noiose, difficili e lunghe di altre”.

Sono certa che la maestra De Rosa lascerà qualcosa di potente nella mente e nel cuore dei bambini; spero che una moltitudine di insegnanti abbia lo slancio di fare altrettanto, iniziando a mettere meno sadico accanimento nell’assegnare esercizi di analisi logica, in favore di una sana sollecitazione del pensiero magico. Stiamo già perdendo troppo per rinunciare anche all’incanto.

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