Gli investigatori di Siena che indagavano sul caso David Rossi “non hanno verbalizzato una deposizione di un cittadino che aveva fatto dichiarazioni spontanee“. La denuncia arriva da Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia e membro della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del manager del Monte dei Paschi, durante una conferenza stampa insieme al presidente della commissione Antimafia Nicola Morra e ai familiari. “Abbiamo parlato con una persona, la cui testimonianza è ritenuta da noi molto affidabile, che colloca Rossi in un vicolo tra le 15.30 e le 16 del 6 marzo 2013, il giorno della sua morte. Rossi camminava con un cappuccio. Questa persona, da buon cittadino, ha rilasciato una dichiarazione agli inquirenti, raccontando che Rossi stava parlando, ma gli investigatori non hanno verbalizzato. Mi ha riferito che gli è stato detto di non preoccuparsi, che Rossi in quel giorno era molto provato e probabilmente stava parlando da solo perché non usava gli auricolari. È una cosa molto grave“, afferma Rizzetto, annunciando che “questa persona verrà chiamata per una testimonianza in Commissione“. Il fatto che le dichiarazioni non siano agli atti “è di una gravità inaudita”, rincara l’avvocato della famiglia Rossi, Carmelo Miceli. “Era doveroso, in un contesto di istigazione al suicidio, verbalizzare chi spontaneamente aveva avvertito la necessità di recarsi innanzitutto all’autorità giudiziaria per riferire qualcosa”.

Nei giorni scorsi ha fatto discutere l’audizione del colonnello Pasquale Aglieco, ex comandante provinciale dei Carabinieri di Siena, che ha raccontato di comportamenti poco ortodossi dei pm senesi durante il primo sopralluogo nell’ufficio di Rossi. Uno di loro, Antonino Nastasi, “si è seduto sulla sedia di Rossi e ha acceso il computer”, manovrando il mouse “con una penna”, ha rivelato l’ufficiale. Un magistrato “ha preso il cestino e lo ha svuotato sulla scrivania”: lì dentro “erano contenuti i fazzolettini sporchi di sangue” (poi distrutti senza che ne venisse mai analizzato il Dna) e “i bigliettini” che sembrerebbero ricondurre il fatto a un suicidio. Quegli stessi biglietti verranno trovati in un altro punto della stanza. E ancora: sul telefono di Rossi arrivò una chiamata di Daniela Santanché, a cui rispose ancora una volta uno dei tre magistrati presenti. Secondo Rizzetto, quella di Aglieco “è stata un’audizione molto lunga e approfondita, che inizia a riscrivere un’altra storia: fino ad oggi non sapevamo alcune cose, prove e scene che di fatto sono state inquinate. La volontà è continuare il lavoro della Commissione in modo approfondito e martedì saremo a Siena”, annuncia. Giovedì, invece, è stata audita Carla Ciani, la mental coach di Mps arruolata dall’allora ad Fabrizio Viola, che incontrò Rossi la mattina del 6 marzo ed ebbe con lui un colloquio di un paio d’ore: “Era lucido, non ho mai pensato che volesse uccidersi”, ha riferito ai parlamentari.

Al termine dell’audizione di Ciani, il presidente della Commissione Pierantonio Zanettin (Forza Italia) ha fatto sapere che l’organo ha deliberato “la trasmissione al Consiglio superiore della magistratura, al Procuratore generale presso la Cassazione e alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Genova copia dei resoconti stenografici, anche nella parte segreta, dell’audizione del colonnello dei Carabinieri Pasquale Aglieco, che si è svolta il 9 dicembre scorso, di quella del luogotenente dei carabinieri Roberto Nesticò, avvenuta il 2 dicembre scorso, dell’assistente capo coordinatore della Polizia, Federico Gigli, del vice ispettore della Polizia, Livio Marini e dell’Assistente capo coordinatore della Polizia, Federica Romano, che si sono svolte il 25 novembre scorso”. L’ufficio di presidenza “ha inoltre deciso la trasmissione al Csm, al Procuratore generale presso la Cassazione e alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Genova anche la copia delle 121 fotografie scattate dall’assistente capo coordinatore della Polizia, Federica Romano, la sera del 6 marzo 2013, quando effettuò il sopralluogo dopo la morte di David Rossi, nonché le copie dei due video che la stessa Romano girò quella sera nel corso del medesimo intervento. Parte dei citati resoconti, oltre alle fotografie e i video girati nella sera del 6 marzo 2013 dall’assistente Romano restano soggetti al regime della secretazione”.

“Chiediamo verità e giustizia, che in un Paese sano sarebbero dovute arrivare da sole. Ci troviamo qui dopo nove anni a chiedere cosa sia successo quella sera. Per anni ci hanno accusato di essere delle complottiste, delle visionarie, ma oggi sappiamo che non era così”, ha detto in conferenza stampa Carolina Orlandi, figlia della moglie di Rossi, Antonella Tognazzi. Abbiamo visto “l’intenzione della procura di Genova di riaprire le indagini sull’operato dei magistrati, cioè su una porzione di questa storia. È sicuramente una buona notizia, ma non ci possiamo far prendere dall’entusiasmo: abbiamo bisogno che vengano riaperte delle indagini per omicidio”. E l’avvocato Miceli lancia un appello: “Chiunque sappia qualcosa o abbia immagini, anche all’apparenza non rilevanti, ci contatti nella maniera più riservata”. Mentre il senatore Morra comunica che “un gruppo parlamentare ha avanzato la richiesta di far partire un’attività istruttoria in Antimafia” e che “ci sono gli estremi perché questo avvenga. La Commissione Antimafia, di concerto con la Commissione sulla morte di David Rossi, farà il suo”, assicura.

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