“Non so ancora quando potrò tornare in Italia, ma non mi risulta esserci alcun divieto di viaggio nei miei confronti“. Patrick Zaki parla per la prima volta a una tv italiana in collegamento dall’Egitto a Che Tempo Che Fa, su Rai3. Lo studente egiziano dell’università di Bologna, scarcerato l’8 dicembre scorso, ha voluto nuovamente ringraziare l’Italia per il forte sostegno ricevuto: “È grazie a tutti voi se sono a casa. Adesso sto proprio bene, sto cercando di capire cosa mi è successo ma mi sembra di essere in un sogno”. E ha detto che uno dei primi pensieri è quello di tornare a Bologna: “Voglio tornare, prendere il master e magari vivere a Bologna”.

Il ragazzo che per 22 mesi, dal 7 febbraio scorso, è rimasto nelle carceri egiziane con l’accusa di diffusione di false informazioni in seguito a un articolo in cui criticava l’esecutivo di Abdel Fattah al-Sisi per le mancate tutele nei confronti della popolazione copta del Paese, di cui anche la sua famiglia fa parte, ha ripercorso brevemente questo periodo, il più difficile della sua vita. E ha raccontato che il momento di massima paura è stato proprio quello dell’arresto: “Mi hanno fermato al controllo passaporti (dell’aeroporto del Cairo, ndr) e mi hanno detto di rimanere lì in attesa qualche minuto. Non capivo cosa mi stava succedendo, ero terrorizzato, una paura che non auguro di vivere mai a nessuno”.

Allo stesso tempo, però, ha raccontato anche dello shock e dello smarrimento di pochi giorni fa, dopo la scarcerazione. “Sono uscito in cortile e mi hanno tolto le manette. Poi sono salito in auto con la mia famiglia ma non riuscivo a capacitarmi di ciò che mi stava succedendo. Non mi rendevo conto di essere libero“. E appena arrivato a casa la prima cosa che ha fatto è stata “una doccia calda, il mio corpo ne sentiva proprio il bisogno”.

Zaki non è del tutto libero, però, visto che rimane ancora imputato. Il 1 febbraio si terrà la nuova udienza sul suo caso, con i suoi legali che hanno chiesto di acquisire nuovi documenti e filmati, oltre alla possibilità di presentare alcuni testimoni, per smontare sia la tesi secondo cui il suo arresto sarebbe avvenuto nella sua casa di Mansura, e non all’aeroporto, che quella di “diffusione di false notizie”, entrando nel merito della situazione dei copti nel Paese attraverso le testimonianze di alcune delle vittime dei soprusi denunciati dal giovane. E su questo appuntamento fissato per il nuovo anno Zaki si è limitato a dire: “Dita incrociate, spero di tornare presto a Bologna”.

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