“Noi portuali non siamo contro i vaccini, siamo contro il Green pass. Vuole sapere la verità? Qui a Trieste sul Covid ci hanno preso per il culo, per un anno e mezzo non ci hanno dato ciò che chiedevamo a tutela della salute. Poi hanno pensato che imponendoci il Green pass avrebbero risolto tutto. Le carte che lo dimostrano sono tutte qui, a cominciare dalla prima lettera del 31 gennaio 2020…”. Alessandro Volk è il segretario del Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste. “Non siamo disposti a sentirci dire che la colpa di tutto siamo noi… Certo che crediamo che il Covid uccide, non scherziamo. Mio fratello ha avuto il Covid, io sono vaccinato. I tre quarti di noi lo sono, anche se ci sono tanti tipi di idee. Anche Stefano Puzzer è vaccinato. Da due anni chiediamo misure sanitarie serie, protezioni per noi e le nostre famiglie”.

Siamo nel covo di una banda di untori irresponsabili o soltanto nella sede di un movimento sindacale che si batte per i diritti dei lavoratori? Nella fucina di un movimento politico che vuole combattere il sistema pensando di fare la rivoluzione, oppure in un luogo dove si sfacchina, ma si trova anche il tempo per discutere e ragionare? Le televisioni da settimane mostrano Puzzer, l’ex portavoce, che gira l’Italia, e adesso è andato nella sede Onu a Ginevra, senza riuscire a depositare le sue denunce. Le cronache locali raccontano dei primi licenziamenti, effetto della chiamata alla lotta di metà ottobre. Il Friuli è entrato in “zona gialla” e tanti pensano che sia accaduto a causa dei 250-300 portuali da cui tutto è cominciato.

Non vi siete montati la testa?
“No, siamo partiti noi a Trieste perché nessun sindacato aveva chiesto niente e abbiamo trovato un’incredibile adesione di massa. In tre giorni abbiamo ricevuto 16mila mail. Siamo diventati, nostro malgrado, dei simboli, un punto di riferimento, a causa dell’assenza di tutti gli altri.”.

Ma Fabio Tuiach, uno di voi, ex pugile ed ex consigliere comunale, prima leghista poi di Forza Nuova, in televisione dice “il Covid è un’influenza stagionale”.
“Tuiach rappresenta solo sé stesso, non i portuali. Anzi con noi c’erano stati scontri per la sua omofobia”.

E Puzzer vi rappresenta?
“Era un vicepresidente molto attivo, ora è un semplice iscritto. Lui ci rappresenta di più di Tuiach, anche se poi si è dimesso perché stava diventando un leader nazionale. Ci ha detto, pensando alla piazza: ‘Non me la sento di lasciarli soli’. Sentiva la responsabilità per ciò che che stava nascendo”.

Voi non eravate d’accordo?
“Siamo un sindacato che dà risposte a livello sindacale. Non vogliamo diventare un movimento nazionale perché non siamo in grado di farlo, non abbiamo struttura, conoscenze e capacità. Le battaglie nazionali possiamo anche farle, magari con gli altri porti, ma se siamo noi a deciderlo”.

E vero che gruppi di destra si sono infiltrati nei cortei?
“Non è vero, siamo stati i primi a individuarli, cacciando Casa Pound e altri provocatori”.

L’esplosione di contagi è causa vostra?
“Noi non siamo il focolaio d’Italia. La settimana prima del presidio di ottobre c’era stata la Barcolana, con le bancarelle sulle rive, e nessuno aveva detto niente. L’assemblea partecipatissima del 28 settembre chiedeva tamponi salivari gratuiti per tutti coloro che entrano in Porto, proprio per evitare l’esplosione di autunno. Se le misure erano sanitarie, allora non si poteva pretendere il Green pass solo da noi, quando in porto arrivano centinaia di camionisti turchi, rumeni, slavi, che non hanno obblighi. Anche adesso chiediamo tutela sanitaria”.

Come?
“Abbiamo scritto alle aziende chiedendo che facciano i tamponi una volta alla settimana a tutti, vaccinati e non vaccinati. Ci hanno risposto che si attengono alle norme, ovvero vogliono il Green pass. Il risultato è che oggi sono ammalati anche i vaccinati: in Adriafer ci sono 14 positivi, di cui 5 vaccinati, in altre due aziende sono una ventina, vaccinati e non. Sono numeri che a Trieste non ci sono mai stati”.

Perché accusate l’Autorità del Porto e le autorità pubbliche prima di inerzia, ora di prevaricazione?
“Nessuno ha fatto applicare le norme quando dal gennaio 2020 ci hanno fatto lavorare senza dispositivi di protezione e gel, senza sanificare i mezzi e i luoghi. Pretendono il Green passa da noi, ma anche oggi nessuno lo chiede per chi entra in porto. E’ il caos”.

In Italia si pensa che voi, per difendere un principio, siate contro la tutela della salute.
“Sentircelo dire ci fa andare fuori di testa. È dall’inizio della pandemia che chiediamo tamponi a tappeto. Il 31 gennaio 2020 ecco la prima lettera a tutte le autorità portuali: ‘Vi chiediamo di rendere pubbliche le misure adottate per evitare il diffondersi della malattia. Chiediamo di partecipare ad eventuali riunioni’. Ci hanno risposto indicando solo le disposizioni di Libera Pratica Sanitaria per le navi in arrivo. Il 24 e 25 febbraio chiedevamo come applicassero le ordinanze ministeriali e della Regione FVG, anche sulla sanificazione. Il 26 febbraio abbiamo chiesto gel e guanti ai varchi di accesso”.

Risultato?
“Che il 6 marzo 2020 abbiamo dovuto denunciare il comportamento di Adriafer: corsi a distanza ravvicinata per i dipendenti, 5 operatori chiusi nella cabina di un locomotore da Trieste a Brescia, rifiuto a rinviare una trasferta in Lombardia, allora la regione più colpita. Il 13 marzo proclamammo lo stato di agitazione perché l’azienda non era in grado di ‘garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori’. Mi dice chi era contro la salute?”.

Avete fatto anche un decalogo per Adriafer…
“In 16 punti: mascherine, gel, termometri, sanificazione, informazione, controllo dei contatti esterni, congedi parentali, cassa integrazione, lavoro agile, verifiche di applicazione… Abbiamo chiesto la sospensione prudenziale del lavoro perché ‘diverse aziende non hanno adottato nemmeno le misure minime di contenimento’. Così abbiamo denunciato la situazione in Procura e per avere le mascherine abbiamo dovuto scioperare”.

Risultato?
“Della denuncia non si è saputo più nulla. Noi chiedevamo di sanificare e le aziende venivano con spruzzino e carta. Puzzer un giorno protestò e alla sera un vicino di casa si accorse che gli stavano piazzando un Gps sotto la sua macchina. Coincidenza? Volevano controllarlo. La sim era straniera, l’inchiesta fu subito archiviata. Ad aprile 2020 abbiamo chiesto il tampone per tutti, nell’aprile 2021, quando i casi a noi noti erano un centinaio, abbiamo chiesto uno screening completo, riscontrando resistenze e accuse di fare terrorismo se chiedevamo di rispettare gli standard per gli accessi”.

Al porto sono arrivati i primi due licenziamenti, prima Tuiach, ora Antonino Rizzo.
“E’ il capitolo delle rappresaglie. Innanzitutto ci sono 40 contestazioni disciplinari per rivalersi dei danni per lo sciopero, anche da parte di Adriafer. Ci sono stati spostamenti e demansionamenti tra il personale. L’Autorità Portuale ha disconosciuto la rappresentanza sindacale della Clpt, non ci vogliono al tavolo come interlocutori, e ha annunciato che non farà neanche le trattenute sindacali a nostro favore. Ma impugneremo in base allo Statuto dei Lavoratori. Nel porto si è scatenata la campagna contro di noi. E questo noi lo chiamiamo terrorismo aziendale”.

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