Il Consiglio Ue ha dato via libera all’avvio dei negoziati per l’introduzione del salario minimo europeo. L’ok alla proposta della Commissione è arrivato dalla riunione dei ministri europei per il Lavoro e le Politiche Sociale segna l’inizio formale dell’iter negoziale con l’Europarlamento, che dieci giorni fa ha votato un testo più ambizioso. “Non possiamo accettare che persone che mettono tutta la loro energia per il lavoro non possano permettersi standard dignitosi di vita. Questa legge sarà un grande passo per un’equa retribuzione“, ha commentato il ministro sloveno Janez Cigler Kralj presidente di turno del Consiglio Ue. La Ue, in ogni caso, non imporrà ai Paesi di introdurre un salario minimo orario (l’Italia è uno dei pochi a non averlo): spetterà ai singoli Stati decidere se puntare invece sul rafforzamento della contrattazione collettiva per garantire condizioni retributive adeguate.

Il problema è che in Italia una contrattazione collettiva forte va a braccetto con una proliferazione dei cosiddetti contratti pirata, con conseguenze deleterie sul livello delle retribuzioni. “C’è una questione salariale, aggravata della pandemia, che attraversa trasversalmente tutti gli Stati membri”, ha ricordato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, nel suo intervento al Consiglio dei ministri responsabili dell’occupazione e degli affari sociali durante la sessione sul salario minimo. “In Italia la questione salariale è aggravata dalla proliferazione dei cosiddetti contratti collettivi pirata che da fattore residuale è divenuto fenomeno largamente diffuso con effetti rilevanti sul nostro sistema di relazioni industriali in cui si annidano pratiche che sono eticamente e giuridicamente inaccettabili. Pratiche che colpiscono, al tempo stesso, i lavoratori e le imprese. Proprio per questo, dal nostro punto di vista, è cruciale attuare la direttiva promuovendo una contrattazione collettiva di qualità che, selezionando gli agenti negoziali rappresentativi, ne preservi la capacità di garantire condizioni di lavoro e di retribuzione eque e dignitose, tutelando, al tempo stesso, le imprese da fenomeni di concorrenza sleale e dumping salariale che minano alle fondamenta la competitività nel mercato interno europeo”. Su tale aspetto “la Direttiva riconosce le specificità, le prerogative, i principi e i valori costituzionali degli Stati Membri”.

Il ministro non ha nascosto che i negoziati non saranno semplici: “Sappiamo che l’equilibrio raggiunto dalla Presidenza è molto sensibile e che, su di esso, si aprirà un doveroso e delicato negoziato con il Parlamento Europeo. Sono certo che con il dialogo e il confronto sapremo trovare la strada giusta per proseguire nella costruzione di una Unione socialmente forte, equa e inclusiva“. Cauta anche Daniela Rondinelli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle: “La tempestività della risposta del Consiglio tuttavia non deve illuderci sulle difficoltà di un percorso che sarà pieno di insidie viste le posizioni di molti Paesi scandinavi e dell’Est Europa. Il testo del Consiglio è infatti decisamente meno ambizioso di quello approvato dieci giorni fa dall’altro co-legislatore, il Parlamento europeo, ma noi confidiamo nella futura Presidenza francese dell’Unione europea che ha messo l’approvazione del salario minimo e di norme efficaci contro le delocalizzazioni e il dumping salariale in cima alla sua agenda”.

“Sono disponibile a lavorare sin da subito sul dossier salario minimo di concerto con gli uffici del Ministero e con i sindacati”, aggiunge la senatrice Rossella Accoto, sottosegretaria al Lavoro e alle Politiche Sociali. “La sua introduzione non escluderà, depotenzierà o metterà paletti alla contrattazione collettiva. Anzi, la proposta del M5S, depositata in Senato, la promuove nel definire i livelli minimi di retribuzione oraria che possono variare tra settori diversi”.

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