“Noi oggi sappiamo che Giulio Regeni è stato rapito, torturato e deliberatamente ucciso dai servizi di sicurezza egiziani ed in particolare da funzionari della National Security Agency, questa è una verità ormai acquisita”. Così Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, al termine dell’ultima seduta dei lavori della Commissione parlamentare, in un’intervista a ilfattoquotidiano.it. La relazione conclusiva della Commissione d’inchiesta è stata approvata all’unanimità e per il Presidente Palazzotto i contenuti della relazione “richiedono l’attivazione del governo italiano per pretendere e ottenere giustizia per Giulio Regeni da parte del regime egiziano, che finora, ha cercato in tutti i modi di ostacolare e depistare le indagini cercando di coprire le responsabilità dei propri apparati di sicurezza”.
Dalla vendite delle Fregate, fino alle sponsorizzazione da parte di aziende italiane della fiera di armamenti egiziana, i rapporti tra Italia ed Egitto si sono già normalizzati senza aver ottenuto la collaborazione giudiziaria del regime di Al-Sisi? “La Commissione in questi due anni ha potuto registrare un lento ma progressivo processo di normalizzazione nei rapporti tra i due Paesi. E questo ha portato L’Egitto, dal 2018 ad oggi, sul settore degli armamenti a essere il primo partner commerciale per l’Italia. La Commissione d’inchiesta – prosegue Palazzotto – chiede che la ricerca di verità e giustizia per Giulio Regeni sia considerata parte dell’interesse nazionale, esattamente come lo sono questioni di natura geopolitica e strategiche. Non è possibile, perché riguarda la credibilità e la dignità del nostro Paese, mettere la richiesta di verità per Regeni sotto questi altri interessi”. Il processo in Italia (la prossima udienza è fissata per il 10 gennaio) rischia di arenarsi perché manca l’elezione di domicilio degli imputati per l’omicidio. E la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta è molto difficile che venga discussa e votata dal Parlamento prima di quella data, “considerando che siamo in fase di legge di Bilancio” spiega Palazzotto. “La nostra Commissione ritiene questo rifiuto una sostanziale assunzione di colpevolezza da parte del regime egiziano”.
La presenza dell’ambasciatore italiano al Cairo, che i genitori di Giulio Regeni avevano più volte chiesto di richiamare in Italia per spingere a una collaborazione giudiziaria Al-Sisi, ha contribuito alla ricerca della verità? “La nostra Commissione ha potuto constatare come fu rilevante l’atto di richiamare l’ambasciatore nel 2016. È evidente che il richiamo dell’ambasciatore o la sua presenza al Cairo è conseguenza di quel che uno Stato vuole fare e dare come segnale. Dipende dal complesso delle azioni che un governo mette in campo. Noi diciamo chiaramente che gli strumenti che l’Italia ha sono diversi, glieli offre il diritto internazionale e la consuetudine della diplomazia, compreso il richiamo dell’ambasciatore. Ma questi strumenti devono essere utilizzati all’interno di una strategia ben definita che dia una postura più determinata nei confronti dell’Egitto e che dica chiaramente come il passar del tempo non normalizzerà i rapporti con l’Italia e non far venir meno la nostra richiesta di ottenere verità e giustizia” conclude Palazzotto.
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